martedì 31 luglio 2012

Alternativa sta con Scarpinato!





Il Laboratorio Politico Alternativa esprime la massima solidarietà al Procuratore generale di Caltanissetta, Roberto Scarpinato, vittima di un attacco politico nei giorni scorsi da parte  di Nicolò Zanon, consigliere laico del Csm in quota Pdl, senza che una voce si sia alzata per difenderlo.

«Roberto Scarpinato – afferma Alternativa – ha manifestato, non solo un suo diritto, ma anche un suo dovere: quello di dire la verità e denunciare la vergogna dell’esistenza di un ampio limbo, a conoscenza di tutti, che esiste tra legalità e illegalità, tra Stato e criminalità organizzata. Come, del resto, gli avvenimenti di questi ultimi giorni stanno ampiamente dimostrando con l’interferenza, addirittura, del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nell’indagine sulla trattativa Stato-Mafia».

Alternativa, dunque, sostiene e appoggia l’iniziativa dei 150 magistrati che hanno espresso piena solidarietà a Roberto Scarpinato, chiedendo l’annullamento immediato del procedimento disciplinare a suo carico, ritenendo che «invece di sanzionarlo, bisognerebbe ringraziare Roberto Scarpinato per quello che fa e per quello che ha detto. Questo episodio, invece, dimostra come l’attacco alla libertà e all’indipendenza della Magistratura non fosse un’esclusiva di Silvio Berlusconi, ma un preciso intento da parte dell’attuale sistema di potere, fondato sull’inganno, sulla violenza e sulla menzogna, di difendersi dalle verità che stanno emergendo da molte aule di Giustizia.
Ha ragione Antonio Ingroia – conclude Alternativa – fino a quando avremo verità negate, avremo una democrazia incompiuta».


domenica 29 luglio 2012

Appello contro la vendita del CPA Firenze Sud.

Appello a cura di perUnaltracittà:

Il comune di Firenze ha confermato di voler proseguire sulla strada della vendita del patrimonio immobiliare pubblico. Questa decisione, da molti giustamente criticata, potrebbe riguardare in un prossimo futuro anche l’edificio di via Villamagna dove attualmente, e da 12 anni, si trova il Centro Popolare Autogestito Firenze sud. 

Il CPA ha una storia ventennale di presenza nel quartiere (prima era nell’area ex Longinotti), e utilizzando edifici dismessi e abbandonati ha sempre rappresentato un centro di iniziative e di attività politiche, sociali e culturali ormai consolidato a livello fiorentino e non solo. 

In un panorama cittadino in cui tutto è improntato alla mercificazione e al consumo, al predominio assoluto del mercato, il vero degrado è l’assenza di alternative al modello consumistico dominante, l’impoverimento delle relazioni sociali ed umane, l’abbandono di tutto ciò che non è riconducibile a un profitto. 

In questo senso il CPA, come pochi altri luoghi in città, rappresenta una risorsa e una ricchezza che non possiamo perdere: dalle iniziative a sostegno dei lavoratori colpiti da provvedimenti aziendali a quelle per attualizzare la memoria storica della lotta antifascista, dal cinema dove si proiettano film spesso altrove introvabili, alla palestra popolare, ai concerti di gruppi indipendenti, spesso di giovani musicisti fiorentini, dalla biblioteca con centro di documentazione, alle presentazioni di libri e altre attività, alla cucina che serve cene a pochi euro a chi vuole mettersi in compagnia a sedere alle tavolate, tutto gestito in maniera volontaria, autorganizzata e autofinanziata. Le esperienze di autogestione e le soggettività che dal basso prendono iniziativa per costruire qualcosa di diverso sono un valore e ricchezza che riteniamo inaccettabile sacrificare per una manciata di euro, pochi o tanti che siano. 

Per questi motivi siamo contrari alla vendita dell’ex-scuola di via Villamagna e sosteniamo il Centro Popolare Autogestito FI-Sud affinché non si arrivi alla chiusura di quest'esperienza.

L'appello si può firmare a questo indirizzo.

mercoledì 25 luglio 2012

Programma di Alternativa 2012.

Siamo lieti di poter finalmente presentare il Programma politico di Alternativa, frutto di un lungo lavoro culminato nell'Assemblea Nazionale di Pordenone, e che ora, una volta emendato e riordinato, è reso disponibile per tutti i militanti e simpatizzanti.



Programma Alternativa Finale 20120718

giovedì 19 luglio 2012

Il Tunnel Tav sotto Firenze costerà 200 milioni in più del previsto.

Pubblichiamo il comunicato stampa di perUnaltracittà sul nuovo immane spreco di denaro pubblico per un'opera già di per sé inutile e pericolosa.


 A quando una “spending review” sugli sprechi veri e non sui diritti dei cittadini?
Tav, De Zordo, Alberici: "200 milioni in più per il tunnel (+30%)" I costi lievitati da 694 a 890 milioni.
La talpa tenuta ferma è costata finora 5 milioni.

I dati sono di quelli pesanti: Nodavia - il General contractor dell'attraversamento dell'Alta velocità fiorentina -annuncia che nonostante ancora non siano partiti i lavori degli "interventi maggiormente complessi e impattanti”, il costo dell’intervento è già passato da 694 milioni iniziali a oltre 890 milioni, con un incremento di 200 milioni, quasi il 30%.

E ancora, aver voluto montare una fresa gigantesca (quanto chiasso mediatico intorno a “Monna Lisa”!) quando non c’era la possibilità di portare via il materiale, e quindi di fatto tenere tutto fermo, ha comportato secondo Nodavia “danni pari a 5 milioni di euro”, di cui chiede conto perché qualcuno ha deciso “discrezionalmente di non gestire il materiale come rifiuto ma di attendere il perfezionamento del percorso giuridico-amministrativo per gestire il materiale come terra e roccia”, che forse, come da audizione in Provincia, avverrà nell’autunno. E quanto ci sarà costato il parcheggio di Monna Lisa a Ponte del Pino a quel punto?

Eppure in tanti avevamo chiesto di fermarsi, quando ai tanti già denunciati si è aggiunto il problema dello smaltimento dell’enorme quantità di materiale scavato. Ma l’importante era l’esibizione muscolare della potenza della grande opera (della serie  “la mia talpa è più grossa della tua”, ma purtroppo non siamo in un film di Alvaro Vitali), non importa se inutile, non importa se dannosa, l’importante è che sia costosa.

A quanto si arriverà alla fine? Nessuno può fare previsioni, la tratta Firenze-Bologna, tanto per dire,  ha avuto un costo finale di oltre il 400% dell’iniziale. Se poi, come prevedibile, ci saranno dei danni, e se questi saranno in qualche modo risarciti, indovinate da dove verranno le risorse: naturalmente dal bilancio pubblico.

Già Nodavia chiede un accordo bonario per rivedere drasticamente il costo dell’opera, ed è solo il primo, o minaccia di andarsene, che sarebbe comunque la soluzione migliore, anche dovendo pagare qualche penale, niente in confronto al conto che sarà presentato alla fine.

Una riflessione sul debito pubblico e la famigerata ''spending review"

E’ sempre antipatico il ruolo di Cassandre, di quelli che  “l’avevamo detto!”, ma correremo il rischio: si, l’avevamo detto, insieme a comitati, associazioni, esperti, e chiunque si fosse preso la briga di sollevare i veli sul mondo opaco dell’Alta Velocità: questi appalti sono fatti in modo da garantire innanzitutto, e immancabilmente, un vertiginoso aumento dei costi, e cioè, chiamiamo le cose con il loro nome, del nostro famoso debito pubblico. Per una volta non parliamo di falda, di impatti, di danni agli edifici, di camion e cantieri infiniti, di aria inquinata e traffico in tilt e salute che se ne va, parliamo di soldi, dei nostri soldi. Si tagliano le pensioni, si abbassano i salari, si diminuiscono o si cancellano i servizi, la sanità, la scuola. Si licenziano anche senza giustificato motivo decine di migliaia di lavoratori.

I trasferimenti dello Stato alla Regione Toscana per la spesa sociale sono passati dal 2011 al 2012 da 62 milioni a 1 (uno). Però ci si ostina a fare un tunnel inutile che ancor prima di essere cominciato ha aumentato il costo di 200 (duecento) milioni, che naturalmente vanno, insieme agli altri, ad ingrassare le solite tasche di chi certo non è toccato da una spending review che evita accuratamente i grandi sprechi, e i grandi interessi.

L'esigenza di fermarsi prima del baratro è sempre più urgente, ci auguriamo che i citadini e le cittadine di firenze aprano gli occhi e facciano sentire la loro voce nei confronti di chi, per interesse, intende danneggiare la città e rubarci il futuro.

martedì 17 luglio 2012

Rossi e il 'golpe' al settore Via: le paure delle associazioni.

Comunicato stampa congiunto di 11 tra Associazioni e Comitati della Toscana che scrivono a Rossi dopo il ‘golpe’ al Settore VIA.

 11 Associazioni, Comitati e cittadini della Toscana chiedono al  Presidente della Regione Enrico Rossi di rispondere a 8 quesiti, partendo dal recente allontanamento del Direttore Fabio Zita, ritenuto uno dei funzionari più competenti del Settore VIA regionale; 8 domande su progetti per cui i tecnici regionali avevano posto prescrizioni a tutela dell’ambiente e dei cittadini, prescrizioni che sono state ritenute evidentemente ‘d’intralcio’ per le grandi opere, per cui Rossi ha revocato la delega all’Ass.Bramerini, avocandosi le competenze del settore VIA e VAS. 
La prima a lamentarsi era stata la Società Autostrade per gli eccessivi costi imposti dalle prescrizioni dell'ufficio VIA per il progetto Terza corsia. Inoltre crea ostacoli, al momento insormontabili, la definizione di "rifiuti speciali" per le terre di scavo del Tunnel ferroviario fiorentino, che si vorrebbero usare per costruire la collina schermo di Cavriglia. E’ poi in discussione il nuovo progetto del maxi elettrodotto di Cavriglia-Monte San Savino che creerebbe impatti devastanti sulle colline e vallate senesi e aretine.
Anche la situazione del costruendo impianto eolico industriale di Riparbella pone inquietanti domande, dato che, in questi giorni, i funzionari regionali si sono definiti incompetenti nel giudicare la variante al progetto, eseguita dalla ditta senza alcuna autorizzazione.
Nel comunicato si ricorda a Rossi quanto sia stata apprezzata la LR 40 sulla partecipazione democratica, che il Settore VIA ha sempre applicato con rigore negli scorsi anni, dando la possibilità anche ad Associazioni e Comitati che avevano fatto osservazioni di poter partecipare alle conferenze dei servizi esterne. Ora questo inspiegabile azzeramento dei vertici del Settore trova risposte solo nelle peggiori ipotesi, tra cui la volontà di eliminare ogni e qualsivoglia ostacolo agli interessi dei poteri forti, seguendo la logica del fare a ogni costo. Un’accelerazione di tale politica a spese delle grandi risorse paesaggistiche toscane, che possono essere determinanti per la ripresa economica, fa sorgere il sospetto che per il Presidente Rossi quanto non sia privatizzabile non sia degno di tutela.

 1  E’ vero che il Settore VIA ha attualmente in istruttoria importanti progetti infrastrutturali per i quali il Governatore Rossi ha già firmato appositi protocolli d'intesa e ha dichiarato che la Regione sta lavorando  "per rilasciare i permessi di realizzazione” entro l'estate?
 
2  E’ vero che tra i progetti di cui sopra sono comprese le Terze Corsie della A11 e della A1, per le quali la Società Autostrade per l'Italia ha ripetutamente criticato le osservazioni dell’ufficio VIA regionale che, se imposte, determinerebbero "costi e impatti sull'esercizio, tali da rendere infattibile la realizzazione della Terza corsia autostradale "?
 
3  E’ vero che l'istruttoria tecnica regionale in materia di VIA relativa alla costruzione della collina schermo di Cavriglia con i materiali del sotto attraversamento ferroviario di Firenze ha portato a definire tali materiali rifiuti speciali e che quindi le modalità per il conferimento a Cavriglia  dovranno rispettare le norme in materia di trattamento rifiuti?
 
4  E’ vero che deve ripartire il processo di VIA  sull'elettrodotto Cavriglia - Monte San Savino  per il quale IL Settore VIA aveva proposto modifiche sostanziali e migliorative degli impatti devastanti che avrebbe avuto il primitivo progetto di maxi elettrodotto in aree di grande pregio ambientale?
 
5 E’ vero che dopo lo sfruttamento minerario dell’Eni e le successive richieste di bonifiche, non ancora ultimate, la Regione Toscana ha rilasciato una cinquantina di autorizzazioni a perforazioni minerarie a multinazionali estere?
 
6  Come intende il Governatore risolvere la questione delle modifiche progettuali all'impianto eolico di Riparbella  già eseguite in ASSENZA DI VERIFICA e per la quale è aperta una indagine della Magistratura?
 
7  Alla luce di quanto sopra esposto, cosa pensa di produrre di positivo per la collettività toscana con la rimozione sostituzione del responsabile del Settore VIA Fabio Zita al quale sono riconosciute non solo a livello regionale,  una professionalità e una grande capacità nella delicata gestione dei processi partecipati?
 
8  Il Governatore Rossi pensa che i cittadini toscani possano credere che l’allontanamento forzato del Responsabile del settore VIA sia da ascrivere esclusivamente ad una "normale riorganizzazione"?
E proprio riguardo alla partecipazione democratica abbiamo apprezzato l'enorme mole di lavoro di cui il Settore Via si è fatto carico, negli anni, per analizzare tutti i progetti depositati e dare la possibilità di fare osservazioni alle Soprintendenze, Enti, associazioni ambientaliste, comuni cittadini e associazioni di categoria.  Proprio grazie alla L.R. 40 è stato permesso ad associazioni e cittadini di poter assistere alle conferenze dei servizi esterne, un’opportunità che manca in altre regioni. Abbiamo assistito a decine di Conferenze, in particolare per impianti eolici sui crinali toscani e delle ragioni confinanti e possiamo dire che la trasparenza e la scrupolosità dei funzionari degli uffici del Settore, sono stati finora, a ragione, un punto di forza della Toscana.

Attendiamo risposte a tutti questi quesiti  e considereremo eventuali risposte poco convincenti una conferma di comportamenti poco trasparenti dei quali la politica dovrà assumersi in toto la responsabilità.

16/07/2012

Italia Nostra
Comitato contro il sotto attraversamento TAV di Firenze
Cittadini area fiorentina/Comitati dei cittadini-Firenze
IPC  Insieme per Cambiare Riparbella  (Pisa)
Coordinamento territoriale no Sat
Gruppo imprenditori  dell’agriturismo Alta Maremma e della Val di Cornia.
Comitato Aria cheta (San Godenzo Fi)
RRC  Rete della Resistenza sui Crinali alto appennino
Comitato Albegna Viva (Gr)
Comitato Nazionale contro il Fotovoltaico e l'eolico nelle Aree Verdi
Coordinamento dei Comitati e associazioni ambientaliste della Provincia
di Grosseto

venerdì 13 luglio 2012

Tav, l'Italia resta sola.

Da Il Fatto Quotidiano

Non possiamo dire di no al Tav perché abbiamo preso impegni con la Francia”. In tanti, sul versante italiano, spiegavano così la decisione del governo Monti di andare avanti con la grande opera. Ma ieri ecco la sorpresa: Le Figaro annuncia che la Francia si prepara a riesaminare dieci progetti di linee ad alta velocità. “Lo Stato – scrive il quotidiano – ha previsto una serie di progetti senza averne fissato i finanziamenti . Il governo non avrà altra scelta che rinunciare ad alcune opzioni”. Non una voce di corridoio, ma parole del ministro del Bilancio, Jerome Cahuzac. Secondo Le Figaro, sotto esame ci sarebbero la Nizza-Marsiglia, la Rennes-Brest e la Torino-Lione. Certo, quest’ultima creerebbe qualche problema, per via degli impegni con l’Italia, ma sarebbe “squalificata per il suo costo (12 miliardi di euro)”. Non solo: c’è anche il calo su quella tratta nel “trasporto merci, sceso a 4 milioni di tonnellate contro gli 11 di vent’anni fa”.
Una notizia che, ovviamente, in Italia ha creato un terremoto. Dopo anni di battaglie. E dopo che il governo Monti a marzo ha risposto a muso duro che l’opera è indispensabile e ci sono impegni presi con la Francia.
Fonti del governo italiano cancellano i dubbi e cerchiano di rosso un appuntamento fondamentale, dopo che palazzo Chigi ha chiesto un chiarimento all’ambasciatore francese che ha cercato di tranquillizzare Roma: “In autunno ci sarà un bilaterale Francia-Italia sul Tav, proprio a Lione. Sarà un incontro molto importante”. Dalla Francia, però, arrivano solo mezze smentite: sull’eventuale stop del “progetto della Torino-Lione non bisogna trarre conclusioni affrettate”, dicono dal ministero del Bilancio francese. Precisano: non c’è ancora nessuna rinuncia, ma soltanto “una missione che sta valutando la correttezza degli investimenti pubblici”. E aggiungono: “C’è ancora tempo. Molti progetti di linee ad alta velocità sono previsti oltre il 2017”. Difficile capire se la Torino-Lione ne faccia parte. Il punto è che, fanno notare al ministero del Bilancio, “numerosi progetti annunciati dallo scorso governo (il centrodestra di Sarkozy, ndr) non sono stati sufficientemente preparati e i costi sono stati sottovalutati”. Un minimo più rassicurante per i fan della Torino-Lione è Bernard Soulage, responsabile Trasporti dei socialisti francesi: “La linea non sarà rimessa in questione per via degli accordi presi a livello internazionale e degli impegni del presidente Francois Hollande”. Strana storia: italiani e francesi sostengono di dover proseguire l’opera anche per via degli impegni reciprocamente assunti. Ma forse la verità non è tutta nelle dichiarazioni ufficiali. A Parigi, nei corridoi della politica, più d’uno sostiene che il Tav non scaldi il cuore di Hollande.
Secondo qualcuno, però, l’eventuale retromarcia dei francesi potrebbe essere una tattica per ottenere un aiuto da Bruxelles. Questa settimana si discute l’aumento di bilancio europeo che tanti paesi aspettano. Poi a ottobre dovrebbe arrivare l’approvazione dei project bond per le grandi infrastrutture. A palazzo Chigi non sono eccessivamente preoccupati, ma fanno sapere che il progetto è valido soltanto se svolto insieme: “Rispettiamo i pensieri e anche i ripensamenti di un altro Stato, ma noi continuiamo a credere che l’opera sia necessaria e non ci debba essere alcun passo indietro perché altrimenti perderemmo fondi europei già stanziati. É ovvio che qualora la Francia dovesse lasciarci soli, ma non ci sembra questa la circostanza, il Tav non sarebbe più possibile. E ci comporteremo di conseguenza”. Al ministero per lo Sviluppo economico di Corrado Passera, che segue da diretto interessato la vicenda, raccontano la genesi dei movimenti francesi: “Il nuovo governo ha nominato una commissione per analizzare i vari progetti infrastrutturali per capire le disponibilità finanziarie, ma non hanno preso alcuna decisione. Sanno che è impossibile fermare un'opera del genere, e noi continueremo a fare la nostra parte”. Mario Virano, il Commissario straordinario per il Tav, giura e spergiura: “É una tempesta in un bicchier d’acqua. Le autorità francesi mi hanno assicurato che si va avanti”. Forse non è tutto così semplice. Come ha raccontato mesi fa il Fatto, l’Agenzia Nazionale per l’Ambiente francese (un soggetto pubblico, quindi) sostiene che “il dossier” sulla Lione-Torino “ha un carattere incompleto… il suo grado di coerenza e di precisione è spesso inferiore a quello che ci si potrebbe attendere da uno studio di impatto riferito a un’opera di questa portata”. Non una bocciatura, ma tanti rimandi, questo sì. 

Ferruccio Sansa
Carlo Tecce

giovedì 12 luglio 2012

Un'ora di lucidità.

Vi proponiamo il video dell'intervento che Nino Galloni, ex direttore generale del Ministero del Lavoro, ha tenuto durante il workshop del Partito Umanista sulla democrazia diretta. Si tratta di una vera e propria "lectio magistralis" sulla storia economica d'Italia, di cui Galloni è stato per parte protagonista in prima persona. Un excursus che parte dalla Prima Guerra Mondiale fino a toccare i temi delle crisi odierna, passando per il miracolo economico italiano, l'entrata nello Sme, le privatizzazione dei primi anni '90 e altre scellerate scelte di politica economica che stanno facendo precipitare l'Italia verso un declino economico, sociale e civile. 




sabato 7 luglio 2012

Verità e giustizia per Genova: "Le scuse non ci bastano, dimettetevi."

Riprendiamo la lettera già pubblicata da altracittà.

 Il capo della polizia Antonio Manganelli dice che è arrivato da parte sua il momento delle scuse. La richiesta di scuse è un gesto che merita sempre rispetto e quindi, per la parte che ci riguarda, le accogliamo. Al tempo stesso però diciamo che questo messaggio di scuse è laconico e tardivo, undici anni dopo i fatti e un giorno dopo la sentenza di Cassazione, e ha bisogno d’essere accompagnato da azioni concrete. Inoltre il dottor Manganelli non dice per che cosa chiede scusa. Per le violenze alla scuola Diaz? Per i falsi nei verbali? Per la costruzione di prove fasulle? O per i depistaggi e il boicottaggio sistematico, pluriennale delle inchieste della magistratura? Forse per le promozioni accordate ai dirigenti imputati? O per non averli sospesi dagli incarichi né al momento del rinvio a giudizio né dopo le condanne di secondo grado?
La verità è che il dottor Manganelli e il suo predecessore Gianni De Gennaro sono i maggiori responsabili, sotto il profilo morale e professionale, di tutto ciò che è accaduto nel caso Diaz fra la notte dei manganelli (21 luglio 2001) e il pomeriggio della Cassazione (5 luglio 2012), sono quindi responsabili di una condotta inaccettabile per una polizia democratica. Crediamo che il dottor Manganelli e il dottor De Gennaro, nel frattempo addirittura assurto a ruoli di governo, abbiano una via maestra da seguire, se vogliono dare un contributo alla credibilità della polizia e delle istituzioni: le dimissioni dai rispettivi incarichi.

La sentenza Diaz ha creato un autentico terremoto ai piani alti della polizia di stato e ha dato avvio a una fase nuova, che deve portare a una riforma democratica dei nostri apparati di sicurezza. Alcuni provvedimenti sono ormai urgenti:

Una seria legge sulla tortura;
L’obbligo per gli agenti in servizio di ordine pubblico di indossare codici alfanumerici che li rendano riconoscibili;
La cancellazione della riserva del 100% dei posti in polizia a chi presta servizio militare volontario.
La creazione di un’istituzione indipendente di tutela dei diritti umani, con poteri di indagine e di intervento disciplinare.

Comitato Verità e Giustizia per Genova, 6 luglio 2012


mercoledì 4 luglio 2012

Decrescita e commons


La prossima Conferenza internazionale sulla decrescita che si terrà a Venezia dal 19 al 23 settembre (programma definitivo su: www.venezia2012.it) seguirà alcuni assi tematici tra cui non poteva mancare quello dei commons. Una locuzione sempre più usata da movimenti sociali e gruppi di cittadinanza attiva per qualificare l’oggetto delle loro rivendicazioni. Beni, saperi, servizi, strumentazioni, infrastrutture, norme e istituzioni sociali vengono definiti “beni comuni” con l’intento di sottrarli dalla sfera del domino della proprietà esclusiva (tanto privata, quanto pubblica-statale) e dalle logiche del mercato per instaurare, invece, un sistema di gestione che consenta un loro uso universalmente accessibile (condiviso ed inclusivo) e “capace di futuro” (rispettoso dei cicli geo-bio-chimici e dei tempi di rigenerazione delle risorse naturali).

Prima di essere delle “cose” (common goods) i beni comuni sono quindi un processo di auto-riconoscimento sociale e di presa di coscienza collettiva; un repertorio di pratiche condivise che generano legami conviviali e comunitari tesi a trovare una buona relazione con l’ambiente, con ogni forma vivente, con gli esseri umani tutti. Ha scritto Raj Patel:  “Ciò che definisce un bene comune è il nesso che si instaura tra gli individui. Nella gestione collettiva del bene gli individui si uniscono e creano una communitas, realizzano un progetto collettivo, operano pratiche condivise (…) La pratica dei common, la gestione collettiva delle risorse comuni, richiede una rete di relazioni sociali finalizzate a tenere a freno gli istinti più vili (egoismo, avidità, soprafazione) e a promuovere un diverso modo di valutare il mondo e di relazionarsi con gli altri” (Raj Patel, Il valore delle cose, Feltrinelli, 2010).

Che relazione vi è tra beni comuni e decrescita?
Se le caratteristiche dei beni comuni sono la loro indispensabilità alla vita e la loro irriproducibilità, allora ne consegue che la loro gestione deve rispettare due semplici e forti criteri: la preservazione del bene (anche in una ottica intergenerazionale) e la condivisione universalista dei benefici che se ne possono ricavare. La “società dei beni comuni” e la “società della decrescita” hanno in comune una idea di fruizione sostenibile ed equa delle ricchezze naturali e culturali in un processo di un mutamento di civiltà nel segno della responsabilità collettiva. Cioè, un progetto propriamente politico di mutamento dei modelli economici, dei comportamenti e degli stili di vita personali, dei sistemi di organizzazione dei poteri e del governo pubblico.

Decrescita e beni comuni sono due facce della stessa medaglia. Se decrescita a qualcuno può sembrare solo la parte destruens del discorso (per via della particella “de”, privativa),  beni comuni costituiscono la parte construens della società auspicata. La decrescita, infatti, mira a liberare spazi e tempi di vita dal tritacarne della megamacchina termo-industriale per lasciare fiorire un’altra idea di società meno in disarmonia con i cicli naturali e meno squilibrata a danno dei più deboli. Più si riuscirà a ridurre la sfera delle attività mercificate (dove vige la dittatura dell’accumulo senza fine, del profitto e del Pil), più si potrà allargare la sfera delle attività libere, scelte, volontarie, creative, utili per se stessi e per gli altri. Se decrescita significa rifiutare le logiche economiche predatorie delle risorse naturali e i meccanismi giuridico-istituzionali distruttivi delle stesse relazioni umane, il prendersi cura dei beni comuni significa allora rovesciare il modo di pensare al mondo e a noi stessi, dare un senso profondo e un obiettivo etico al fare umano

I beni comuni sono risorse speciali, beni primari “della vita”, basilari, originari, nel senso che sono precondizione per poter svolgere qualsiasi attività. Sono ricchezze naturali e lasciti sedimentati dal lavoro creativo svolto dalle generazioni precedenti alle nostre: materie prime e saperi, codici, lingue, norme, sistemi di risorse connettive e sistemi di valori relazionali. Nel concreto sono servizi idrici, istruzione e cultura, internet, foreste, fiumi, beni demaniali, semi, infrastrutture, lavoro. Beni indispensabili e insostituibili per il buon vivere assieme, per rendere effettivi dei diritti fondamentali degli individui. I beni comuni sono le cose che condividiamo e di cui non possiamo fare a meno. Beni che per essere di tutti non possono appartenere in esclusiva ad alcuno. Per tale ragione essi devono essere sottratti alla gestione privatistica e affidati a forme di gestione pubblica partecipata.

Se la proposta politica della decrescita allude a una società di comunità aperte, tra loro solidali nella pratica della sussidiarietà, fortemente legate ai territori, che disegnano una rete di democrazie locali basate sulle bioregioni, cioè comunità ecologiche dove le piante, gli animali, le acque e gli uomini formano un insieme relativamente coerente, allora i beni comuni costituiscono la sostanza delle relazioni sociali tra gli individui.
I beni comuni, quindi, aprono al tema dell’empowerment, della “capacitazione”, del coinvolgimento cosciente e responsabile delle persone e della formazione di una cittadinanza attiva che si attiva dal basso attraverso innumerevoli pratiche di autogoverno partecipato, di mutualità, di auto aiuto, di volontaria collaborazione. Pensiamo ai gruppi di acquisto solidale, alle banche del tempo, agli orti urbani condivisi, alla microfinaza, alle monete complementari, alle innumerevoli forme di co-abitazione, alle varie forme di mobilità condivisa, ai creative commons e ai feee software… Insomma agli innumerevoli modi di auto-organizzazione dal basso che stanno prendendo piede alla base delle nostre società e che chiedono solo di essere lasciate libere di sperimentare, riducendo al minimo possibile deleghe e rappresentanze.

Qui si apre uno sconfinato campo di elaborazione e sperimentazione politica per trovare modelli di governo pubblico partecipato (non necessariamente statale) nei processi decisionali e nella gestione pratica dei beni comuni, immediatamente praticabili, declinando la nozione di bene comune come una nuova categoria del politico e del giuridico. Le esperienze avviate dal Comune di Napoli con l’assessorato ai beni comuni e alla partecipazione indicano una via replicabile

Paolo Cacciari