Tratto da il sito de Il Fatto Quotidiano riprendiamo qui l'opinione espressa da Tomaso Montanari sull'annosa questione della Battaglia di Anghiari.
“Caro ministro, la città di Firenze non accetterà mai…”. “Non le
abbiamo chiesto la luna”, la sua è una “posizione pilatesca”. E ancora
“se Ella e i suoi collaboratori preferiscono prendere tempo, non
esprimendosi, non sarà la mia amministrazione a giocare al rinvio”,
perché “noi siamo seri”. E poi la bordata finale: “se il ministro oggi
ha paura ad autorizzare ciò che viene autorizzato costantemente in tutti
i restauri del mondo, aspetteremo che cambi Governo”.
Ma che mai avrà fatto il ministro Lorenzo Ornaghi
alla città di Firenze? Ha spostato gli Uffizi nella sua Milano? Ha
inviato in dono il David di Michelangelo alla Merkel, in segno di
sottomissione? E cosa può aver spinto Matteo Renzi a
trattare Ornaghi come nessun esponente del Pd ha trattato nessun
ministro di Monti, usando un vocabolario e un’aggressività che manco
Fassina con la Fornero?
Ornaghi, in verità non ha fatto nulla (il
che, bisogna riconoscere, gli riesce perfettamente). È stata invece la
soprintendente di Firenze, Cristina Acidini, a rispondere al sindaco che
proprio non era possibile violare le leggi di tutela e l’etica del
restauro per permettere a Renzi e alla squadra guidata dall’ingegner
Maurizio Seracini di smontare gli affreschi di Giorgio Vasari
nel salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio per cercare il fantasma
della Battaglia di Anghiari di Leonardo, che ossessiona il sindaco
almeno quanto il sesso ossessiona Berlusconi. Ma il rottamatore ed
aspirante premier non distingue tra decisioni tecnico-scientifiche dei
funzionari del Mibac e competenze del ministro: per lui tutto è nella
disponibilità della politica. Cioè nella sua.
Quindi prende carta e
penna, e giù insulti a Ornaghi in nome e per conto della “città” (con
cui si identifica, come il Re Sole con lo Stato). E la lettera è un
testo chiave per chi vuol capire Matteo Renzi, il più incredibile
portatore sano di cultura della politica italiana: nel senso che ne
parla in continuazione senza esserne minimamente affetto. Vediamone i
punti salienti.
“Le ricerche dell’ingegner Seracini, supportate
dalla città di Firenze … hanno prodotto risultati inoppugnabili … sotto
il Vasari c’è un’opera pittorica”. Falso. Seracini ha prelevato dietro
il Vasari dei campioni che ha fatto analizzare in due laboratori di sua
fiducia, e poi ha comunicato (in conferenza stampa, non in sede
scientifica, si badi) che era stato rinvenuto del colore, e un colore
che avrebbe usato solo Leonardo. Nessun altro laboratorio terzo ha
potuto fare delle controanalisi, e dunque bisogna fidarsi della parola
di un team sponsorizzato da un canale di docu-fiction (National Geographic)
che ci ha costruito sopra un lucrosissimo (e terrificante) documentario
ben prima che qualcuno abbia potuto verificare i risultati della
‘ricerca’. E dopo aver annunciato, in consiglio comunale, che i campioni
sarebbero infine stati analizzati dall’Opificio delle Pietre Dure del
Mibac, Renzi ha dovuto fare marcia indietro con la coda tra le gambe,
confessando che – guarda caso – il materiale era stato esaurito nelle
analisi di Seracini, e che ormai nessuna verifica era possibile. Dunque:
bisogna credere, alla faccia di Galileo. E ora che la soprintendenza di
Firenze gli concederebbe di reinserire le sonde nei fori già praticati
sul Vasari, e dunque di poter dare finalmente un corpo scientifico a
questa carnevalata, ebbene Renzi che fa? Rovescia il tavolo, e insulta
Ornaghi dicendo che o si stacca Vasari o niente. Un modo scomposto di
uscire dall’angolo e di gettare sabbia mediatica negli
occhi degli osservatori internazionali, che a questo punto cominciano a
perdersi nei meandri di una vicenda sempre più italicamente surreale.
“Per
correttezza ho il dovere di dirLe – è ancora Renzi a Ornaghi – che la
Città pubblicherà la ricerca di Seracini”. E questa è davvero
meravigliosa: una città che pubblica una ricerca scientifica. Nemmeno
nella Russia sovietica il controllo dell’autorità politica sulla ricerca
e sulla conoscenza era così diretta. Renzi non promuove, non sostiene,
non auspica: no, lui pubblica, come se fosse il Cnr o un intero
dipartimento universitario. Il municipio di Parigi concede borse di
studio che consentono a giovani italiani che studiano, non so, il greco
di condurre liberamente la loro ricerca: il comune, anzi la città, di
Firenze pubblica direttamente le sue ricerche.
“Nel corso di
questi mesi la mia amministrazione ha fatto della cultura la chiave di
volta del proprio mandato … la ricerca della Battaglia di Anghiari per
noi sta in questa logica di investimento sulla cultura come sfida
identitaria per la città.” E l’eterno candidato alle primarie del Pd
non è nemmeno sfiorato dall’idea che la cultura sia rigore, dubbio,
apertura ai controlli terzi, verifica continua. No, per lui è una sfida
all’ultimo sangue con i “professoroni”. Fino alla comica finale, o
semifinale, di Ferragosto.
Se il prossimo governo dovesse essere
guidato da Renzi, il Paese può dormire tranquillo: Giorgio Vasari,
questo pericoloso nemico della cultura italiana, avrà i minuti contati.
Tomaso Montanari, Il Fatto Quotidiano.
Nessun commento:
Posta un commento