Riprendiamo qui un interessante articolo di Annie Lacroix-Riz, uscito su Historiographie in Francia e poi tradotto da Resistenze, che ringraziamo.
L'articolo è tanto più significativo, perché si riferisce a un paese in cui la conoscenza della storia ha giocato (finora) un ruolo molto più importante che in Italia.
da www.historiographie.info/fin2010/histendanger.pdf
Traduzione dal francese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
La Storia in pericolo
di Annie Lacroix-Riz, storico, professore emerito di Storia Contemporanea, Università di Parigi 7
Le scienze sociali sono al centro dell'offensiva generale contro l'università, in particolare la storia, il cui status risulta strettamente associato agli sviluppi politici in Francia a partire dal 19° secolo.
Uno scadimento considerevole dei contenuti si è verificato negli ultimi 20 anni: misurabili nei cambiamenti dei manuali di storia a tutti i livelli di istruzione. Ciò è stato favorito dallo spostamento verso destra della professione, caratterizzato da una maggior sottomissione delle élite accademiche alla volontà e alle pressioni dei circoli dominanti, e una rimessa in causa, accettata dalle élite stesse e formalmente rivendicata da alcuni, dei metodi tradizionali di ricerca storica: contestazione della priorità di ricorrere agli archivi originali, rinuncia al "positivismo" basato sull'approfondimento, promozione della storia della "rappresentazione" a scapito della ricerca per oggetto o della verità storica, supremazia di alcuni temi o soggetti: la "storia di genere" importata direttamente dagli Stati Uniti, la "storia culturale", la "storia dell'industria" (direttamente controllata dai circoli dirigenziali e governativi); ciascuna di queste specialità protesa a rompere all'occorrenza tutti i legami con la storia delle classi sociali, ecc.
Il controllo sulla ricerca storica da parte dei circoli dirigenti non è certo un fenomeno nuovo ma si è accresciuto dal 1990. E' manifesto nelle missioni e commissioni ufficiali affidate dai vari governi a studiosi condiscendenti che godono di una dimensione mediatica e nella creazione sistematica di gruppi di ricerca istituzionale finanziati direttamente da grandi gruppi (Banca di Francia, SEITA, RATP, ecc.), che pongono in una situazione di dipendenza finanziaria e quindi scientifica i professori e ricercatori. In questo contesto congiunturale alcune specialità storiche sono diventate più pericolose che mai per le carriere e le promozioni ed hanno perso ogni attrattiva. Tra le liquidazioni va registrata quella clamorosa della storia del movimento operaio, la cui crescita, per quando modesta fosse, aveva accompagnato l'esistenza di un importante partito rivoluzionario. Disponiamo in tale ambito di un esempio paradigmatico, da un lato il parallelismo tra congiuntura politica e status della storia, e, dall'altro, il nesso diretto tra la distruzione (o autodistruzione) del PCF e le condizioni oggettive della professione di storico.
Nello stesso periodo il dibattito storico, parte organica del buon funzionamento della professione, è scomparso in favore della diffusione mediatica accordata ai "dibattiti" in cui tutte le parti interessate concordano sui principi fondamentali. Ciò vale per la maggior parte dei seminari "scientifici" ed è simboleggiato negli "appuntamenti storici di Blois", che, svolgendosi ogni anno nel mese di ottobre, incarnano questo consenso della destra-sinistra di governo, su tutti gli argomenti, dall'"Europa" al "denaro". Simposi e congressi riuniscono salvo eccezione "la scienza consensuale", che esclude qualsiasi questione controversa rispetto alle tesi dominanti. Il fenomeno è reso sistematico dalle difficoltà, sempre più gravi, dei finanziamenti pubblici e nazionali alla ricerca: la recente "riforma dell'università" completa un processo già in atto. Il finanziamento "europeo" rafforza quindi le tendenze peculiari della Francia: tutte le conferenza "europee" si svolgono in un quadro ideologico definito in senso pienamente "europeista". La produzione storica è oramai associata a etichette ufficiali, raccomandate dalle autorità accademiche attraverso le bibliografie dei concorsi per l'accesso alla professione, ideologicamente unilaterali, a volte direttamente partorite dalla "stampa" europea di Bruxelles. I concorsi stessi, una volta depositari della qualità scientifica della storia francese, sono stati investiti, con la complicità di accademici "europeisti" e proseliti, dall'apologia sulla "Unione europea", presentata come un felice imperativo storico dopo la seconda guerra mondiale (quesito posto nei concorsi dal 2007 al 2009). Le bibliografie correlate sono approvate dalla rivista corporativa dell'APHG (Associazione dei Professori di storia e geografia della pubblica istruzione), Historiens et Géographes. La storia contemporanea è grosso modo in linea con la Facoltà di Scienze Politiche e con la rivista L’histoire, breviario dell'anticomunismo e dell'anti-marxismo e del pensiero fureto-courtoisienne (Il libro nero del comunismo), che negli ultimi decenni ha compiuto vere o proprie devastazioni nell'istruzione secondaria e superiore.
I manuali di studio, diretti da docenti universitari allineati agli orientamenti in corso, sono stati adattati, senza alcuna resistenza, ai "programmi" costantemente rielaborati e impoveriti da parte del Ministero della Pubblica Istruzione. Lo studio della crisi del 1930 è stato bandito nelle scuole secondarie, soppresso insieme ad altri temi per abolire la conoscenza e la riflessione sui sistemi economici. I vari libri di testo ubbidiscono alla prescrizione dello studio combinato del "totalitarismo", confondendo nell'ambito della stessa lezione i regimi fascisti e il "regime staliniano". L'APHG ha fornito nel marzo 2007 il suo sostegno ufficiale alla diffusione, patrocinata dal Ministero della Pubblica Istruzione, di un lungo documentario (100 minuti) in onda su M6, emittente culturale oltre tutto, di "Stalin, il tiranno rosso", insulto all'intelligenza del pubblico e beverone servito oggi alla popolazione francese in generale e soprattutto alla sua gioventù.
Gli ultimi venti anni, sotto i governi di "sinistra" come di destra, hanno visto la storia indebolirsi nell'istruzione secondaria, anche nei cicli lunghi (tre ore negli indirizzi scientifici, invece di quattro). Negli indirizzi scientifici, dove vengono formati i futuri responsabili dell'organizzazione del lavoro degli altri, la storia, nel quadro della "riforma delle scuole superiori" che promette di essere altrettanto drastica che all'università, verrà resa facoltativa, cioè soppressa. Ciò ridurrà la storia al ruolo che occupa negli Stati Uniti: la massa della popolazione laggiù è privata dell'accesso alla benché minima conoscenza storica, condizione ideale affinché storia e propaganda si fondano in un tutt'unico.
Lo spostamento a destra della professione, favorito dalla situazione politica francese, dalla selezione sociale (vedi sotto) e dalla scomparsa o la diminuzione dei contenuti scientifici, tuttavia, non ha raggiunto l'obiettivo di liquidazione della storia. Quindi, in ultima analisi, questa incontrollabile disciplina richiede un intervento diretto. Nel 2008 la nuova legge sugli archivi, che sostituisce quella del 1979, ha fornito il pretesto per il tentativo "parlamentare" di procrastinare l'apertura degli archivi statali (fino a 75 anni invece di 30 o 60 anni): il successo di questa impresa avrebbe reso impossibile studiare la storia della Francia del 20° secolo. Il "dibattito" si è svolto attorno ai termini di prescrizione legislativi imposti ai docenti e ai ricercatori rispetto la grande missione civilizzatrice e coloniale francese. La protesta degli storici, più sensibili a questo tipo di attacco diretto che agli attacchi insidiosi a lungo termine, ha contribuito all'abbandono di alcune pretese, ma tale arretramento non deve indurre in errore.
La "Riforma delle Università", in salsa "europea" già menzionata, deve completare la missione liquidatrice. Tutto vi contribuirà: la "autonomia" degli istituti; la privatizzazione delle risorse, poiché ingenti fondi pubblici sono assegnati col "credito sulla ricerca", una forma di finanziamento pubblico senza verifica dell'uso privato; la dittatura dei presidi delle Università sulle assunzioni, sui tempi di lavoro del personale qualificato come "ricercatore" e "non-ricercatore" (offensiva contro il decreto del 1984, bloccata nel 2009: per quanto tempo?), sulla carriera, sulla scelta delle opzioni di insegnamento e ricerca, in particolare attraverso i finanziamenti; la precarietà crescente del corpo degli insegnanti/ricercatori; la "secondarizzazione" della maggior parte delle università, ridotte al primo ciclo (con chiusura dei corsi poco numerosi e il raggruppamento di altri)
Sei anni fa, l'offensiva contro lo statuto della funzione pubblica o thatchérizazione in senso stretto è stata annunciata al cospetto dei cenacoli riservati delle grande scuole ereditate dai club sinarchici [si fa riferimento ai poteri occulti], dove siedono Michel Pebereau, allora presidente di BNP Paribas, Eric Woerth allora "segretario di Stato per la Riforma dello Stato" il 18 giugno e il 7 ottobre 2004 (Nos débats, n. 8, ottobre 2004). La tempesta in corso - la liquidazione di fatto e di diritto dello statuto della funzione pubblica del novembre del 1946 è stata descritta con dovizia di particolari, essendo attualmente in corso, in assenza finora di una reazione forte del sindacato. Avrà certamente un impatto diretto sul livello generale dei salari francesi: tendendo a eliminare il principio del "salario di sussistenza" previsto nello statuto del 1946, favorendo la definizione di salari, anche nel settore privato, a livelli molto bassi.
Ma questo assalto non riguarda solo i salari, diretti e indiretti, dei funzionari e dei non-funzionari. Aggredisce anche frontalmente l'indipendenza delle discipline, tra cui la storia, (le scienze economiche, la cui indipendenza o il senso critico irrita MEDEF [confindustria francese], la filosofia e le altre scienze sociali, sono tutte oggetto dei medesimi tentativi). La scomparsa delle tutele basilari del 1946 è stata faciltata all'università (intesa nel senso più ampio) dalla sempre minor importanza dei concorsi, in particolare dal 1980 sotto i governi di "sinistra" e di destra, procedendo ora a ritmo accelerato.
E' stata concomitante alla riforma "europea" della "LMD" (Laurea, Master, Dottorato) nel 2005, presentata in modo molto coinvolgente, ingannando la maggior parte degli accademici. Avrebbe dovuto garantire un "livello" di formazione teorica crescente, ma non più sancita da un concorso né da uno statuto: la durata degli studi è stata elevata di uno o due anni, ma senza nessuna sicurezza aggiuntiva che ne sanzioni l'accrescimento. Il contenuto scientifico degli studi è stato altresì indebolito dalla "riforma", in particolare dalla "semestralizzazione" dei corsi una volta annuali. La "riforma" in corso dal 2008-2009, riserverà i concorsi a una minoranza di discipline ancora più ristretta dell'attuale: una buona metà degli studenti è composta da lavoratori salariati, già pesantemente scoraggiati a perseguire i loro studi, visto che hanno bisogno in media di un percorso due volte più lungo rispetto ai loro colleghi non salariati per concludere gli studi. Saranno anche qui, doppiamente colpiti dalla "riforma": chi aspetterà fino all'età di 30 anni o più per accedere alla professione di insegnante?
La promessa di "rivalutazione" delle carriere nella scuola superiore - sostenuta per molti anni dal sindacalismo una volta combattivo (cioè dalla FSU, e non solo dal sindacalismo ufficiale concertativo sullo stile CFDT o UNSA) - comporterà, a causa della riduzione delle assunzioni, la generalizzazione del personale precario. Per non parlare degli effetti della legge sulla "mobilità" di agosto 2009, che permetterà di licenziare quelli che ancora beneficiano dello statuto programmando licenziamenti nell'ordine delle decine di migliaia ogni anno, con l'eliminazione delle posizioni di ruolo. I precari saranno la maggioranza e saranno costretti a orari rimessi ai capricci dei dirigenti (il governo di sinistra è pienamente d'accordo con la destra sulle "35 ore" minime di presenza a scuola) e non saranno più in grado di fare ricerca, mentre la secondaria è stata dal 19° secolo un vivaio di ricerca storica (o letteraria) in Francia.
La soppressione del CNRS [Centro Nazionale Ricerche Scientifiche], completa le numerose misure adottate contro la ricerca presso l'università, portando a compimento la missione. Il personale ridotto a una situazione di precarietà, sottomesso ai dirigenti delle scuole, costretto a contratto brevi di ricerca e limitati agli obiettivi fissati dagli istituti (presidenti di università e altri leader della ricerca in Francia), gli storici saranno privati della benché minima indipendenza economica e intellettuale garantite dopo la Liberazione. Questo significa che il salvataggio del lascito della Liberazione, compreso lo statuto della funzione pubblica di Maurice Thorez, è fondamentale per il futuro della scienza francese in generale, e della storia in particolare, per la vita e il lavoro di tutti i docenti e ricercatori. Il destino della storia in Francia, disciplina il cui carattere decisivo è legato alla sua integrazione nel dibattito politico nazionale all'indomani della Rivoluzione francese, dipendente direttamente dalle risposte politiche che saranno date alla crisi sistemica. Ogni riflessione sulle possibili soluzioni richiede un esame lucido del bilancio catastrofico che accomunano nella materia la destra attualmente al governo e la "sinistra" che le si è inesorabilmente alternata dal 1981.
(Per i dettagli sugli argomenti trattati si confronti dello stesso autore, L’histoire contemporaine sous influence, Pantin, Le temps des cerises, 2004, 145 p., tirage 2010, e il suo sito, http://www.historiographie.info /, rubrique travaux)
Saggio uscito su Initiative communiste, n° 100, settembre 2010, p. 22, et n° 101, ottobre 2010, p. 12-13