A volte, capita qui di raccontare qualcosa sull’Oltrarno fiorentino, il quartiere in cui vivo, dalle parti di Borgo San Frediano e quindi non troppo vicino alla calamita turistica di Palazzo Pitti.
E’ un quartiere in cui si vive bene.
I turisti ci sono, ma non determinano la natura del quartiere. Sopravvivono ancora le piccole botteghe dei bronzisti, dei liutai, dei meccanici, dei pittori, degli informatici, dei fruttivendoli (dove la roba costa meno che al vicino supermercato), persino di qualche ciabattino.
Le case, create per irrazionale accumulazione storica e rigorosamente senza ascensori, sono scomode quanto basta per tenere accessibili i prezzi.
Accessibili anche agli stranieri: nessuno ci tiene di più al quartiere dei poeti americani, muratori albanesi o domestiche ucraine che ci vengono a vivere. E questo dovrebbe aiutare a riflettere in maniera meno superficiale su tutta la questione di identità e dintorni.
Ogni volta che esco di casa, mi capita di salutare almeno cinque persone che conosco, e mi sembra una buona media per una metropoli di mezzo milione di abitanti.
Non pensate che il resto di Firenze sia così.
Infatti, secondo i canoni dei nostri tempi, un quartiere del centro non deve essere fatto per viverci – per dormire, ci sono appositi abitacoli in periferia, dove di giorno non troverete nessuno.
Il Centro Storico deve essere una fabbrica di reddito, che pone una particolare aura – “la culla del Rinascimento”, ad esempio – addosso a un contenitore del tutto vuoto.
E infatti, il resto del centro di Firenze è in gran parte una rete di banche, negozi di moda e negozietti di souvenir made in China di giorno; di notte, organizzazioni ben strutturate gestiscono i pub crawl in cui giovani turisti e studenti statunitensi girano di locale in locale all’unico scopo di ubriacarsi.
Pensiamoci per un attimo, perché c’è una differenza fondamentale tra un quartiere, magari un po’ scalcagnato, che ha certo le sue attività economiche, ma si distingue per come ci vive la gente; e un quartiere che diventa solo una forma particolare di centro commerciale.
Così i grossi commercianti del quartiere si riuniscono sotto il seducente nome di Rive Gauche e lanciano un progetto.
Il progetto viene fatto proprio dal loro impiegato al comune, che poi è il sindaco: Matteo Renzi annuncia così ai fiorentini su Facebook (sì, su Facebook) quello che lui ha deciso.
Il meccanismo è interessante anche per chi non abita a Firenze, perché rivela la maniera in cui si può usare una proposta tecnica apparentemente innocua per cambiare una società.
Al centro della zona, c’è Piazza del Carmine, dove i residenti trovano uno dei pochi posti in cui possono parcheggiare nel centro storico.
Renzi propone, anzi ordina, di trasformare la piazza in un parcheggio sotterraneo.
Direte, cosa c’è di male?
Intanto, la chiave del progetto sta in un particolare: la piazza, attualmente chiusa di giorno al traffico dei non residenti, verrà aperta 24 ore su 24. Per permettere a tanto traffico di arrivarci, ovviamente, bisogna aprire al traffico continuo pure un bel pezzo delle stradine dell’Oltrarno.
Curiosamente, con il parcheggio sotterraneo, i posti macchina non aumenteranno: diminuiranno. Cioè, tre anni previsti di lavori e investimenti enormi, per avere meno di ciò che si aveva prima?
In realtà, si ottiene un risultato fondamentale: sostituire i residenti con un incessante ricambio di acquirenti di giorno, e di visitatori di locali la notte, tenuti in movimento proprio dallo sprone del biglietto che scade.
Certo, il progetto prevede 35 posti macchina in vendita ai residenti, per la modica cifra di 60.000 euro l’uno. Circa quanto i muratori che conosco io guadagnano in quattro anni.
Nel caso qualche lettore di questo blog intenda votare alle primarie del PD, tenga presente il modello di mondo che rappresenta Matteo Renzi. Ci saranno pure altri candidati…
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