di Paolo Berdini*
Il Fatto Quotidiano
L’ultima vicenda delle città in vendita spetta a Firenze. Appena si scende dalla stazione ferroviaria di Santa Maria Novella per andare verso il centro storico si passa per la piccola piazza dell’Unità d’Italia. Vi affacciano due alberghi di livello, lo storico Baglioni e il Majestic. Dalle loro finestre c’è la vista meravigliosa sul campanile e sul transetto di S. Maria. Il panorama dall’ultimo piano è – ovviamente – unico e straordinario: figuriamoci quale livello di bellezza ed esclusività si potrebbe raggiungere soprelevando gli edifici esistenti.
E quì entrano in gioco le regole e le città in vendita. Siamo nel centro storico di Firenze, uno dei più straordinari esempi della storia delle città e le regole parlano chiaro: gli edifici esistenti non possono superare l’altezza di venti metri. Quando l’hotel Baglioni chiese di poter soprelevare oltre il consentito l’ultimo piano dell’edificio per ricavarne un ancor più meraviglioso roof garden, quelle regole urbanistiche vennero invocate dalla commissione edilizia comunale che bocciò inevitabilmente la proposta. Era il 7 luglio 2011.
Ma siamo il paese dove le regole vengono aggiustate in relazione alle esigenze di chi esercita il potere e si mette in moto la potente macchina dei legulei. Nella normativa del comune di Firenze esiste un’unica eccezione: le strutture pubbliche possono – ovviamente in casi di assoluta necessità – chiedere di derogare dal divieto di soprelevazione. Ma un albergo è una struttura privata e non potrebbe avvalersi di quella possibilità. Occorre che sia “assimilata” a una struttura pubblica, e cioè che venga giudicata di pubblica utilità. Il 26 luglio 2012 – poco tempo fa e la vicenda ha avuto eco solo per la denuncia della consigliera comunale Ornella De Zordo da sempre in prima fila nella difesa della città – una nuova riunione della commissione edilizia approva la sopraelevazione. Il trionfo dell’economia senza regole prosegue senza alcun ripensamento: a chi investe, specie in un momento di crisi economica, deve essere consentito tutto, anche di alterare il cento storico di Firenze.
C’è da chiedersi come sia possibile che chi ha espresso il parere positivo non si sia reso conto che l’eccezione approvata per il Baglioni potrà essere invocata dalla decine e decine di alberghi esistenti a Firenze, ad iniziare dall’adiacente Majstic oggi caratterizzato da un’altezza inferiore al Baglioni. Dovrebbe essere chiaro a tutti che le regole valgono fintanto che le amministrazioni pubbliche hanno la capacità di farle rispettare. Se sono proprio quelle istituzioni ad aggirarle si mette inevitabilmente in moto un processo dagli esiti imprevedibili.
Un’ultima questione. L’hotel Baglioni ha messo sul piatto della bilancia 20 mila euro (un modesto obolo) “per riqualificare la piazza”. La morale accettata dal comune di Firenze è dunque questa: siccome non ho risorse per rendere più bella e più vivibile la città, accetto che venga alterata la sua memoria storica perché posso averne in cambio soldi per finanziare opere pubbliche! E pensare che negli anni ’80 l’Italia era un fulgido esempio nel mondo per le regole che tutelavano i centri storici.
Ora c’è una sola via di uscita. Il sindaco Matteo Renzi potrebbe trovare un piccolo ritaglio di tempo nella sua nuova attività di candidato alle primarie del Pd, ricordarsi che era stato eletto per governare Firenze e cancellare la vergogna. Non ci si può candidare a governare un paese se nella propria città le regole sono poco più che carta straccia e si aggredisce la sua storia.
*urbanista, docente e scrittore.
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