mercoledì 30 novembre 2011

La questione territoriale

Pubblichiamo questa interessante riflessione di Piero Bevilacqua, uscita in prima battuta su il manifesto e ripresa anche da Micromega, sulle cause profonde degli ultimi disastri ambientali che hanno provacto la perdita di vite umane e ingenti danni economici alle collettività coinvolte.

Chi, ormai da decenni, studia la storia del territorio italiano, di fronte alle frane e ai morti delle Cinque terre e ora al disastro di Genova, oltre al dolore per le vittime prova oggi uno scoramento profondo. La voglia di non dire nulla, il senso dell'inutilità di scrivere e protestare. Chi scrive è troppe volte dovuto intervenire per commentare simili tragedie, tentando di mostrare le cause morfologiche e storiche che sono normalmente all'origine delle cosiddette calamità naturali nel nostro Paese. E, per la verità, lo ha fatto insieme a voci sempre più numerose e agguerrite di geologi, meteorologi, esperti. Tutto invano. E nell'ultimo ventennio più invano che mai, considerata la qualità intellettuale e morale del ceto politico di governo che ci è capitato in sorte e che del territorio italiano si è occupato per darlo in pasto agli appetiti speculativi. Tuttavia, l'obbligo di contribuire alla riflessione collettiva su fatti così gravi finisce col vincere sul senso di frustrazione. Senza l'ostinazione e la tenacia, d'altronde, la lotta politica, specie per chi sì è ritagliato una piccola frontiera di critica e di opposizione, non sarebbe neppure concepibile.

Oggi, di fronte agli eventi catastrofici che si susseguono, bisogna denunciare con chiarezza l'emergere di una grave questione territoriale in Italia. Non si tratta di una novità assoluta, le vicende del territorio hanno un corso lento, lasciano il tempo per essere osservate, ma essa oggi si presenta con caratteri assolutamente nitidi e drammatici per un insieme di ragioni. Mettiamo da parte, per brevità, la Pianura Padana, che ha problemi particolari, ma che ospita, ricordiamolo, il più complesso sistema idrografico d'Europa, essendo il ricettacolo dei grandi fiumi alpini. Si tratta dell'area più stabile del nostro Paese, eppure, anch'essa, è percorsa da sistemi di forze che possono assumere carattere distruttivo in caso di eventi climatici estremi. Il problema principale si chiama Appennino. La dorsale montuosa con i suoi innumerevoli corsi d'acqua e gli ingenti materiali d'erosione che trascina incessantemente a valle. Un tempo, la centralità dell'Appennino nell'equilibrio complessivo della penisola era chiaro anche agli uomini politici, quando questi possedevano un proprio profilo culturale oltre al curriculum politico.

Meuccio Ruini, ad esempio, che fu anche presidente del Senato, ricordava nel lontano 1919, come «contorno e rilievo, clima, abitabilità e comunicazioni, relazioni storiche, ogni cosa insomma dell' Italia peninsulare è signoreggiata dall'Appennino e ne riceve l'impronta». Ora, è noto da tempo, l'Appennino è in stato di abbandono. Ma soprattutto in condizioni di abbandono si trovano le terre pedemontane e collinari interne, quelle che per secoli sono state presidiate dalle abitazioni contadine, che sono state tenute sotto manutenzione dal lavoro quotidiano degli agricoltori. Una delle ragioni della diffusione e della durata storica della mezzadria nell'Italia di mezzo (soprattutto Toscana, Marche, Umbria) che dal medioevo è arrivata sino alla seconda metà del '900, è legata al fatto che essa prevedeva l'insediamento della famiglia mezzadrile nel fondo, impegnata a governare un territorio instabile. Ora, anche questo è noto, da tempo le colline mezzadrili sono state abbandonate, o sono coltivate industrialmente, con poche macchine e senza uomini.

Tale situazione, nota da tempo ai pochi esperti e appassionati della materia, conosce oggi un aggravamento dovuto a più fattori evolutivi. Da una parte, il progressivo, ulteriore abbandono dell'agricoltura da parte dei piccoli coltivatori che non ce la fanno a reggere i bassi prezzi con cui viene remunerata la loro impresa. Un fenomeno a cui gli economisti agrari di solito plaudono, perché il modello competitivo - nel pensiero economico astratto - è naturalmente la grande azienda, senza alcuna considerazione di ciò che accade al territorio, quando scompare un presidio. Di norma, quando la piccola impresa non è accorpata a una azienda più ampia, il terreno viene progressivamente invaso dalla vegetazione spontanea. Negli ultimi anni, tuttavia, a tale fenomeno si è aggiunto un sempre più largo uso edificatorio del suolo. Il cemento ha preso il posto degli ulivi o degli alberi da frutto. I comuni hanno fatto cassa svendendo il loro territorio. Nel frattempo il circolo vizioso demografico si è venuto sempre più accelerando.

Se si abbandonano le aree interne tutto tende a gravitare nelle zone di pianura, che nella Penisola solo prevalentemente le aree costiere. Qui oggi si accentra oltre il 66% della popolazione peninsulare. E qui sono insediati industrie, servizi, infrastrutture, la ricchezza materiale italiana. Ma anche qui, negli ultimi devastanti decenni dei governi di centrodestra (e nella pochezza e brevità di quelli di centrosinistra) si è continuato a cementificare con furia da "accumulazione originaria" cinese. Ora, l'ultimo elemento che completa il quadro riguarda la frequenza degli eventi estremi, vale a dire, nel nostro caso, la straripante quantità d'acqua che oggi cade in poco tempo in delimitate aree territoriali. Si tratta di un fenomeno dipendente dal riscaldamento globale, che il climatologo inglese John Houghton, definì, nel 1994, come «frequenza e intensità di eccessi meteorologici e climatici».

Dunque, come in questi ultimi anni, le piogge tenderanno in futuro a presentarsi sempre più come eventi particolarmente intensi. E le acque, dalle colline abbandonate o cementificate, mal regimate, precipiteranno lungo le pianure costiere dove il verde - la spugna che un tempo assorbiva le piogge - è diventato sempre più raro, impermeabilizzato da chilometri quadrati di cemento. Che cosa possiamo aspettarci? Davvero pensiamo di affrontare tale gigantesca questione organizzando meglio la protezione civile? Rendendo più efficaci i sistemi di allarme?

È evidente che qui ci si presenta una sfida che è anche una grande opportunità per il nostro Paese. Sia per creare nuove occasioni di lavoro, sia per ridare orizzonti progettuali alla politica sprofondata nel tramestìo quotidiano. La prospettiva è: riequilibrare la distribuzione demografica e valorizzare le vaste aree internedella Penisola. Un grande progetto per scongiurare disastri, ridando vita a una vasta area territoriale in cui gli italiani hanno vissuto per secoli. Il che si può fare con una molteplicità di interventi concertati, che puntino alla selvicultura e all'agricoltura di qualità, allo sfruttamento economico delle acque interne, al potenziamento del turismo escursionistico, al recupero - anche per insediarvi centri di ricerca - di tanti borghi e centri cosiddetti "minori": spesso gioielli monumentali che fanno l'identità profonda di una parte estesa d'Italia. Un insieme di iniziative e pratiche che potrebbero offrire lavoro alla nostra gioventù e a tanti giovani extracomunitari, oggi perseguitati da una legislazione criminogena. L'urgenza e l'assoluto vantaggio economico di procedere in tale direzione potrebbe fornire anche nuova forza al grande e specifico problema di tutela e conservazione del nostro paesaggio. Un bene inestimabile che stiamo compromettendo.

Naturalmente, per realizzare tale obiettivo, che col tempo potrà salvare l'Italia da perdite umane ed economiche sempre più gravi, occorre utilizzare risorse. E le risorse - per definizione sempre scarse - oggi lo sono più che mai. Ma proprio per questo appare necessario, in questo momento, un atto di coraggio anche da parte di tanto ceto politico e giornalismo che, talora in buona fede, ha visto nelle cosiddette grandi opere (Tav, Ponte dello Stretto) un'occasione di sviluppo per il nostro Paese. Bisogna avere la forza di ricredersi. Se le risorse finanziarie andranno alle grandi opere verranno a mancare per le piccole con cui noi oggi dobbiamo affrontare la questione territoriale italiana.

Se si realizzerà il Tav, le risorse pubbliche saranno prosciugate e, per la salvezza del nostro territorio, resteranno le briciole. O l'uno o le altre, tertium non datur. Senza dire che le due scelte si presentano incompatibili anche sotto il profilo storico e culturale. Le grandi opere sono il frutto recente di un modo di procedere del capitale finanziario, in concerto con i poteri pubblici, per costruire infrastrutture - di più o meno provata utilità collettiva - e in genere contro la volontà delle popolazioni che vivono nei luoghi interessati. Senza dire che il nostro è un territorio delicato, che mal sopporta il gigantismo delle costruzioni fuori misura. Al contrario, le piccole opere per risanare l'habitat italiano possono esaltare la partecipazione popolare, iscriversi nel solco di una tradizione secolare che ha fatto dell'Italia, per mano di anonimi artisti popolari, quello che resta ancora del Belpaese.

(8 novembre 2011)

martedì 29 novembre 2011

Congresso fondativo della Società dei Territorialisti.

Il "Primo congresso della Società dei territorialisti/e" si terrà il giovedì 1 e il venerdì 2 Dicembre 2011, a Firenze, presso l'Aula magna dell’Università degli studi di Firenze, Piazza San Marco n°4.

La Società dei Territorialisti e delle Territorialiste nasce per l'iniziativa di un Comitato di garanti di diverse discipline di molte università italiane, che hanno proposto di costituire un'associazione denominata Società dei territorialisti e delle territorialiste con questi obiettivi:

a) sviluppare il dibattito scientifico per la fondazione di un corpus unitario, multidisciplianare delle arti e scienze del territorio di indirizzo territorialista, che assuma la valorizzazione dei luoghi come base fondativa della conoscenza e dell'azione territoriale;

b) promuovere indirizzi per le politiche e gli strumenti di governo del territorio a partire da questo corpus;

c) indirizzare il dibattito sulla formazione di scuole, dipartimenti, dottorati, master di Scienze del territorio nelle università italiane;

d) promuovere eventuali strutture di carattere culturale e scientifico al di fuori dell'Università;

e) sviluppare relazioni internazionali mirate a estendere e confrontare i temi della Società.


Qui potete trovare il programma completo del congresso fondativo.

sabato 26 novembre 2011

Beppe Grillo e Paul Connet a Castelfranco di Sotto

Lunedì 28 novembre alle 21, in occasione dell'assemblea pubblica indetta dal Comitato contro il pirogassificatore di Castelfranco di Sotto, è previsto l'intervento dii Beppe Grillo e di Paul Connett, Professore di Chimica e ideatore della strategia "Rifiuti Zero". Il pirogassificatore non è altro che un inceneritore mobile, per un riassunto della vicenda che riguarda quello di Castelfranco di Sotto potete trovare un breve riassunto qui.

Vi proponiamo anche un'intervista a Paul Connett, apparsa tempo fa sul blog di Grillo, che presenta brevemente quali siano i punti cardine della strategia "Rifiuti Zero".


venerdì 25 novembre 2011

Incontro con Roberta Carlini: "La fine del pensiero unico"

perUnaltracittà - lista di cittadinanza Democrazia Km Zero nell'ambito del ciclo di appuntamenti per approfondire i temi della crisi economica e finanziaria

organizza l'incontro


La fine del pensiero unico

Cristiano Lucchi intervista Roberta Carlini di Sbilanciamoci

introduce Ornella De Zordo

sabato 26 novembre ore 10:30
Palazzo Vecchio, Sala delle Miniature

La grande crisi ha portato via con sé parecchie certezze: milioni di posti di lavoro, case, mutui, pensioni, sanità, scuole e università. Ma anche il mito della stabilità e della crescita come elementi naturali del sistema oltre al castello di carte dell'economia finanziaria e a un bel pezzo dell'economia reale. La grande crisi ha chiuso anche con una certa concezione dell'economia, con quel pensiero unico che ha dominato la politica, culturale e accademica negli ultimi trent'anni. Roberta Carlini, giornalista, coordina il sito di informazione economica www.sbilanciamoci.info. Ha pubblicato "L'economia del noi". Un viaggio in sei tappe (consumo, credito, casa, imprese, rete) nell'Italia che ha imparato a condividere.

mercoledì 23 novembre 2011

Comitato "No Debito", assemblea con Giorgio Cremaschi

Giovedì 24 novembre
ore 20,30
SMS di Rifredi

Assemblea con Giorgio Cremaschi


Il ciclo di incontri locali promosso dal Comitato "No Debito", nato a Roma il 1° ottobre scorso, fa tappa a Firenze. L'obiettivo dell'assemblea è quello di promuovere la discussione pubblica intorno ai 5 punti che costituiscono la base di partenza di una piattaforma politica che si prefigge la difesa della di sicurezza, futuro, diritti, reddito, lavoro, uguaglianza e democrazia di fronte all'assalto della speculazione finanziaria e delle politiche economiche neoliberiste propugnate dalle istituzioni europee.

I cinque punti sono:

1) Non pagare il debito, far pagare i ricchi e gli evasori fiscali, nazionalizzare le banche.


2) No alle spese militari e cessazione di ogni missione di guerra, no alla corruzione e ai privilegi di casta.




3) Giustizia per il mondo del lavoro. Basta con la precarietà. Siamo contro l'accordo del 28 giugno e l'articolo 8 della manovra finanziaria.




4) Per l'ambiente, i beni comuni, lo stato sociale. Per il diritto allo studio e alla scuola pubblica.




5) Una rivoluzione per la democrazia. Uguale libertà per le donne. Parità di diritti per i migranti. Nessun limite alla libertà della rete. Il vincolo europeo deve essere sottoposto al nostro voto.



Questo che segue è il documento approvato il 27 ottobre dal Coordinamento "No Debito".



La Bce in agosto ha mandato una lettera al governo italiano in cui chiede di distruggere tutto lo stato sociale, tutti i nostri diritti, di mettere all’asta i nostri beni comuni, per pagare le cambiali del nostro debito alle banche e alla speculazione finanziaria internazionale. Berlusconi alla fine ha risposto, accettando tutte le condizioni capestro e mettendocene anche qualcuna in più.

Non si tratta più solo dell'annuncio della libertà di licenziamento, sempre più desiderata e sempre più vicina, visto l'articolo 8, visti i ricatti aziendali, vista la distruzione dei diritti e l'estensione della precarietà. Oggi un tallone di ferro schiaccia il mondo del lavoro e ogni misura di flessibilità e di liberalizzazione serve solo a calare i salari e i diritti, a sfruttare di più. Per questo l'accordo del 28 giugno non è un freno ma un inutile resa a questa aggressione.


Ma a tutto questo si aggiungono le misure apparentemente più neutre, a partire dall’avanzo primario di bilancio, che significa in realtà la distruzione di ciò che resta dello stato sociale, per finanziare le banche. E si aggiungono le privatizzazioni e le liberalizzazioni. Così si cancella la nostra democrazia, tradendo il referendum di giugno, ove la grande maggioranza degli italiani aveva detto no alla privatizzazione dell’acqua e dei beni comuni. Siamo all’opposto di ciò che grida il movimento occupy wall street: non ci si preoccupa di ciò che chiede e di ciò di cui ha bisogno il 90% della popolazione, ma si difendono gli interessi e il potere della parte più ridotta, del 10%.

La lettera di intenti di Berlusconi è semplicemente una cambiale sulla nostra democrazia. Bisogna rifiutarla oggi, con le lotte e con la mobilitazione democratica: ci trattano come la Grecia, dobbiamo reagire come il popolo greco. Per difendere la nostra democrazia le opposizioni e i sindacati devono dire prima di tutto che quelle lettere non valgono nulla e non sono esigibili. Altrimenti la crisi della nostra democrazia affonderà nella palude delle finzioni. La lettera della Bce, la lettera di Berlusconi vanno strappate in faccia all’Europa, altrimenti sono tutte chiacchiere.

La drammatica evoluzione della crisi italiana, l’aggressione sempre più estesa ai diritti sociali e civili, danno ragione al percorso che abbiamo iniziato il 1° ottobre e mostrano tutta la validità e tutto il potenziale della mobilitazione del 15 ottobre.

Chi ha manifestato in quel giorno, così come chi lotta in Val Susa, nelle scuole, nelle università, nelle fabbriche, nei territori e nelle città, oggi non è solo contro il governo Berlusconi, ormai alla conclusione della sua parabola, ma anche contro quel potere economico finanziario che nel nome del debito vuol far pagare alla maggioranza della popolazione tutti i costi della crisi. La manifestazione del 15 ottobre, le iniziative che l’hanno preceduta, erano quindi contro due avversari: il governo e, assieme ad esso, la Bce e la dittatura finanziaria che sta distruggendo i diritti in tutta Europa.

Gli scontri del 15 ottobre e la successiva loro gestione mediatica hanno oscurato per alcuni giorni tutto questo. Si è così prodotta una regressione del confronto, si è tornati indietro di molti anni e sono state cancellate le novità vere della mobilitazione. Questa regressione è un risultato negativo che non può essere ignorato. Il problema non è riproporre una divisione tra buoni e cattivi nelle lotte e nei movimenti. La questione di fondo è quella della autodeterminazione dei movimenti e delle lotte, che le manifestazioni successive al 15, da quella dei metalmeccanici a quelle della Val Susa, hanno esemplificato.

Una manifestazione composita, plurale ma unitaria non può essere spinta e segnata da scelte che la manifestazione del 15 ha subìto, percepito in gran parte come ostili e, soprattutto, mai discusso. Nessuno può imporre pratiche e azioni di distruzione durante il corteo, che si sono ritorte contro la manifestazione stessa. La questione non è quella della rabbia esistente e del modo di farla valere e vedere. La questione è quella che nessuno può imporre le proprie modalità a tutto il movimento, né soprattutto può imporre scelte che la grande maggioranza non condivide. Allo stesso modo affermiamo che la gestione della polizia a piazza San Giovanni è stata evidentemente irresponsabile e ha prodotto la radicalizzazione e la generalizzazione degli scontri.

Riteniamo però a questo punto che non si possa andare avanti all’infinito in questa discussione. Occorre prendere atto che la manifestazione del 15 ha determinato questo risultato negativo e trovare le modalità per cui il proseguimento delle iniziative, reso indispensabile dall’aggravarsi della crisi, non ripresenti gli stessi problemi. Questa è la ragione per cui riteniamo necessaria una discussione di merito politico tra tutte le forze che hanno in comune la lotta contro la globalizzazione e la politica della Bce e dell’Unione europea. L’ultimatum consegnato al governo pochi giorni fa, a cui Berlusconi ha risposto con la sua vergognosa lettera, conferma che abbiamo due avversari. Oltre al governo Berlusconi, dobbiamo essere contro l’Unione europea così come è oggi, con la dittatura delle banche e della finanza che impone le sue scelte a tutti i governi.

La manifestazione del 15 conteneva un vuoto politico e una debolezza, che si è cercato di affrontare anche con proposte come quella dell’accampata, che avevano lo scopo di affermare una radicalità necessaria e diversa da quella delle manifestazioni tradizionali. Questa debolezza politica era accentuata dal fatto che la manifestazione del 15 appariva di più come una scadenza importata, nel quadro di un appuntamento internazionale di grandissimo valore, piuttosto che un obietto di lotta nostro. Occorre una piattaforma precisa, oggi, contro gli avversari italiani ed europei dei diritti sociali e civili; per questo pensiamo che non sia riproducibile nel nostro paese l’esperienza dei social forum. Esauritasi l’esperienza del social forum italiano e in profonda crisi quella europea, è necessario pensare a nuove modalità di costruzione e a una precisa piattaforma da collocare in spazi politici pubblici italiani ed europei.

Abbiamo quindi lanciato il 1° ottobre un movimento contro il pagamento del debito, contro la dittatura delle banche, con 5 punti sul piano sociale e politico che per noi rappresentano una reale alternativa. Abbiamo anche sottolineato che oggi come oggi non solo il centrodestra, ma anche il centrosinistra non assumono questi temi e anzi, in molti casi, ne sono addirittura controparte. Per questo abbiamo rivendicato la necessità di un nuovo spazio politico pubblico che dia legittimità piena a rivendicazioni politiche e sociali oggi assolutamente estranee a gran parte dell’attuale sistema rappresentativo. Su questo, secondo noi, si deve sviluppare il confronto, se si vuole mantenere il dialogo tra espressioni diverse del movimento.

Occorre quindi che da ogni parte si faccia la scelta precisa di rinunciare all’egemonia e di aprirsi al confronto di merito. Noi non pretendiamo di essere tutto il movimento, così come pensiamo che nemmeno altre forze o gruppi lo siano. Tutti insieme, misurandoci concretamente sulle differenze e sui contenuti, siamo in grado di costruire grandi iniziative. Ma per superare la crisi del 15 ottobre occorre un’operazione di verità e non il diluvio di polemiche.

La crisi politica nel nostro paese rende sempre più chiaro che la nostra democrazia è commissariata dal regime delle banche e della finanza d’Europa. Per questo comprendiamo la diffidenza che si sviluppa tra chi lotta, rispetto a tutte quelle istituzioni che sorridono alle mobilitazioni, salvo poi sostenere scelte economiche e politiche che vanno esattamente contro i contenuti di esse.

Il futuro dei movimenti in Italia è quindi fondato sull’indipendenza dall’attuale quadro politico. Questo è il punto su cui si deve davvero discutere, anche misurandoci sulle diverse opzioni. Forse questo è il punto su cui si è discusso meno, occorre cioè una pratica democratica assembleare dove ci si confronti davvero sulla piattaforma, dal debito, al lavoro, all’ambiente, alle questioni sociali, alla democrazia. Non è più tempo di diplomatismi o di minimi comun denominatori, abbiamo visto che questi creano una debolezza politica che viene poi coperta da altre scelte e altre forze.

Se vogliamo uscire dalla sindrome del post 15 ottobre dobbiamo quindi affrontare con democrazia, partecipazione e rispetto una grande discussione democratica sui contenuti della nostra piattaforma.

Per queste ragioni il nostro movimento, appena iniziato il 1° ottobre, decide di rilanciare la compagna e l’organizzazione della lotta contro il debito e per una vera alternativa sul piano economico, sociale e democratico. Andremo avanti, sui contenuti e nella ricerca di forme nuove di partecipazione e democrazia, disposti e interessati al confronto con tutti, ma nella consapevolezza che la crisi italiana è troppo grave per continuare con inutili polemiche.

Il comitato promotore del movimento No debito, dà appuntamento il 17 dicembre a Roma per una grande assemblea, preceduta da iniziative e incontri in tutto il territorio del paese.

Comitato promotore “No debito”


domenica 20 novembre 2011

Buona domenica!


E con questa bella immagine desideriamo "alleggerire" il contenuto del sito e augurarvi buona domenica!


sabato 19 novembre 2011

Presentazione del libro "Tav sotto Firenze"

VENERDI 25 novembre 2011
ore 21.00
Auditorium Istituto Stensen
Viale Don Minzoni 25

Presentazione del libro
TAV SOTTO FIRENZE:
IMPATTI, PROBLEMI, DISASTRI, AFFARI

E L'ALTERNATIVA POSSIBILE

Rapporto Finale dalla ricerca sugli impatti del progetto di passante TAV e sulla proposta di attraversamento in superficie

curato da Alberto Ziparo, Maurizio De Zordo, Giorgio Pizziolo
editore ALINEA

Interviene Ivan Cicconi, diretto di ITACA (istituto per l'innovazione, la trasparenza degli appalti e la compatibilità ambientale)

Intervengono tra gli autori: V. Abruzzo, D. Ancheschi, R. Budini Gattai, P. Celebre, A. Cerasino, T. Crespellani, A. Fiorentino, M. Perini

Sono stati invitati:
i Presidenti della Regione Toscana e della Provincia di Firenze, il Sindaco di Firenze, le segreterie delle Organizzazioni Sindacali, le Ferrovie dello Stato


venerdì 18 novembre 2011

16° Vertice Nazionale Antimafia a Campi Bisenzio


Il 19 novembre alle ore 16, presso Villa Montalvo, a Campi Bisenzio, si terrà il 16° Vertice Nazionale Antimafia, che si incentrerà sul ruolo sempre più ampio che il fenomeno mafioso riveste nell'intero continenti europeo. Sarà presente il Procuratore Nazionale Antimafia Piero Grasso.
Altri dettagli nella locandica qui sopra.


giovedì 17 novembre 2011

Incontro con gli autori de "La furia dei cervelli"

perUnaltracittà - lista di cittadinanza Democrazia Km Zeronell'ambito del ciclo di appuntamenti per approfondire i temi della crisi economica e finanziaria



organizza l'incontro



Europa tossica: crisi del capitalismo, crisi del debito, crisi della politica



La furia dei cervelli



Ilaria Agostini intervista gli autori Roberto Ciccarelli e Giuseppe Allegri



introduce Ornella De Zordo






sabato 19 novembre 2011, ore 16.00
Palazzo Vecchio, 3° piano, Sala delle Miniature






La «furia dei cervelli» si è manifestata nelle mobilitazioni dei lavoratori della conoscenza in difesa di scuola e università pubbliche, in quelle del lavoro autonomo e delle partite iva, dei lavoratori dello spettacolo al Teatro Valle di Roma o dei freelancers statunitensi dal 1995 organizzati in sindacato. Parte più attiva e indipendente della società, dagli autori del libro definita «Quinto Stato», è un’intelligenza diffusa che la politica di sinistra, priva degli strumenti culturali necessari per risvegliarsi dopo un’agonia ventennale, non riesce ad impiegare.
Il libro, che individua nel furore l’unica matrice del cambiamento, inizio dell’autotrasformazione e della liberazione dai peccati altrui, formula proposte condivise che rendano possibile 
istituire le tutele essenziali – a partire dal reddito di base – come
accesso a una piena cittadinanza sociale, e indaga modalità e pratiche per scongiurare l’incubo di un nuovo governo neo-centrista esecutore delle politiche di austerity pretese dall’Unione Europea.


Terre di scavo cantieri Tav, oplà, non sono più rifiuti

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo comunicato stampa di perUnaltracittà - Lista di cittadinanza, che riguarda una grave decisione presa dal Ministero dell'Ambiente proprio poche ore prima che il titolare fosse sostituito.

L'ex ministro Prestigiacomo, dopo un triennio in cui si è contraddistinta per assenza in qualsiasi materia di sua competenza (?), alluvioni, difesa del suolo, frane, è riuscita alla fine a dare un senso al suo mandato. Pessimo, il segno e il mandato.
Con un trucchetto ha cambiato i parametri per la definizione dei "rifiuti", così le terre di scavo del tunnel TAV di Firenze non sono più, come fino a due giorni fa, rifiuti speciali, e possono essere tranquillamente trasportati alla ex miniera di Cavriglia. E non perchè sono cambiate le caratteristiche di quelle terre contaminate con additivi necessari per l'azione della fresa, semplicemente perchè si chiamano in modo diverso.
Certo, Ministro, a pensarci prima!, poteva suggerirlo al tempo dell'emergenza rifiuti a Napoli: bastava cambiare il nome e l'emergenza era già finita, altro che i fantomatici tre giorni promessi dal suo Presidente!

mercoledì 16 novembre 2011

Occupy Firenze, il Comune minaccia lo sgombero coatto.



Il Comune di Firenze, per bocca dell'assessore alle politiche socio-sanitarie Stefania Saccardi, ha minacciato l'intervento coattivo qualora l'occupazione di Piazza S.S. Annunziata proseguisse. "Se l'accampata degli indignati in piazza SS Annunziata a Firenze dovesse continuare, il Comune farà sicuramente qualcosa: non possiamo consentire che una delle più belle piazze di Firenze sia espropriata dalle loro tende" sono state le parole usate dall'assessore. Ora, a qualunque fiorentino sia capitato di trovarsi in questi giorni nella piazza non ci risulta che sia stato impedito di transitare o sostare, per cui si evince che l'assessore non conosca il significato del termine espropriare. Le istituzioni cittadine sono state invitate a partecipare all'assemblea pubblica, ma finora hanno sempre risposto con uno sdegnato diniego, rifiutandosi per principio di ascoltare le ragioni di chi protesta civilmente come sta accadendo in ogni angolo del pianeta. Probabilmente la reazione muscolare della polizia newyorkese dei giorni scorsi ha eccitato gli animi a Palazzo Vecchio, e si sa che Matteo Renzi ci tiene alla sua immagine di Obama de' noantri. Tra l'altro la gestione degli spazi occupati dagli indignados non può certamente essere accusata di aver portato alcun "degrado", ma anzi forse potrebbe essere utilmente presa a modello dalla giunta Renzi. Ci viene il sospetto che il vero motivo per cui l'amministrazione rifuta ostinatamente ogni confronto sia proprio questo: ha paura di sfigurare.

Alternativa Toscana.

Questo che segue è il comunicato di risposta all'assessora da parte di Occupy Firenze:

L'Accampata va avanti e invita le istituzioni, a partire da Stefania Saccardi, ad un confronto

Apprendiamo con sorpresa che l'assessore Stefania Saccardi comunica l'intenzione del Comune di Firenze di sgomberare l'Accampata che perdura pacificamente in piazza S.S.Annunziata dall'11 novembre scorso.

Soltanto ieri avevamo inviato all'accampata i rappresentanti istituzionali di maggioranza e di opposizione, ad ogni livello, per toccare con mano questo laboratorio progettuale sociale e politico. Siamo dunque sereni nel confermare l'intenzione di portare avanti l'Accampata nei prossimi giorni e rilanciamo con forza l'invito all'assessore Saccardi, alla Giunta, al Sindaco di incontrarci in piazza.

Ci sentiamo distanti dalla terminologia adottata dall'assessore che descrive l'accampata come "un esproprio" della piazza stessa; l'obiettivo dell'Accampata è infatti di "restituire" la piazza più bella di prima attraverso un'azione di riqualificazione condivisa con i residenti ed esercenti, di offrire alla cittadinanza tutta uno spazio pubblico, libero e apartitico dove i fiorentini e non, possano incontrarsi per conversare di economia, beni comuni, servizio pubblico, nonviolenza e progettare via di uscita dalla crisi.

lunedì 14 novembre 2011

L'Era Monti e il pareggio di bilancio. Prima vittima la scuola?

Pubblichiamo un articolo scritto da Michele Maggino e Fabio Bentivoglio, due militanti di Alternativa Toscana, su quello che sembra delinearsi come lo scenario prossimo venturo per la scuola pubblica italiana, alla luce delle famose (o famigerate) raccomandazioni della BCE al governo italiano. Buona lettura.

Che cosa mai c'azzeccano le prove INVALSI con l'obiettivo di raggiungere il pareggio di bilancio dei conti italiani entro il 2013? Ce lo spiega Olli Rehn. Non sapete chi è? È un signore finlandese dall'aria ragionevole e bonaria che ispira fiducia e che ci indica la strada per un futuro migliore dal suo nordico osservatorio distaccato. Olli Rehn è il Commissario dell'Unione Europea agli Affari Economici e Monetari. Il 4 novembre 2011 ha inviato una lettera al nostro Ministro del Tesoro, chiedendo informazioni dettagliate sui provvedimenti annunciati dall’allora Presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi nella famosa lettera di promesse all'UE di fine ottobre.

Ebbene, questa lettera (quella di Olli Rehn) è per certi versi ancora più agghiacciante di quella famigerata di agosto di Draghi e Trichet.

Il nostro Olli ci fa capire in concreto che cosa vuol dire il commissariamento del nostro Governo da parte dell'UE e la riduzione di sovranità per il nostro Paese.

Olli dice che non è sufficiente quello che ha promesso il Governo italiano: servono misure aggiuntive per poter conseguire l'obiettivo di raggiungere il pareggio di bilancio. E allora ecco predisposto un prontuario sotto forma di domande, tanto per far vedere che non si tratta di ordini (che finirebbero tutti con dei bei punti esclamativi).

Il questionario è diviso in 11 capitoli per complessive 39 domande (qui si può scaricare il testo completo tradotto in italiano). Il questionario in generale vuole sapere con quali strumenti legislativi e con quali tempi parlamentari il Governo italiano ha intenzione di procedere alla realizzazione delle promesse fatte e addirittura pone pure una scadenza immediata per avere le risposte precise.

I vari capitoli affrontano argomenti di varia natura: si va dall'aggiustamento dei conti, alla riforma delle pensioni, alla riforma fiscale, al mercato del lavoro, all'uso dei fondi UE, alle liberalizzazioni, alle privatizzazioni dei beni pubblici. Il commissario dell'UE chiede tra l'altro esplicitamente «quali provvedimenti di riforma si pensa di varare nel settore delle acque, malgrado i risultati del recente referendum?».

Tra gli altri quesiti posti al governo italiano, quattro riguardano direttamente scuola e università, anzi, per dirla con il linguaggio usato nella lettera da questi tecnocrati, riguardano il “capitale umano” . Ecco il testo letterale:

13. Quali caratteristiche avrà il programma di ristrutturazione delle singole scuole che hanno ottenuto risultati insoddisfacenti ai test INVALSI?

14. Come intende il governo valorizzare il ruolo degli insegnanti nelle singole scuole? Quale tipo di incentivo il governo intende varare?

15. Il governo potrebbe fornirci ulteriori dettagli su come intende migliorare ed espandere l’autonomia e la competitività tra le università? In pratica, che cosa implica la frase “maggior spazio di manovra nello stabilire le tasse di iscrizione”?

16. Per quanto riguarda la riforma dell’università, quali misure e quali provvedimenti devono essere ancora adottati?

Prima di proseguire è bene chiarire, per chi non fosse dentro le faccende strettamente scolastiche, che cosa sono le prove INVALSI.

L'INVALSI (Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e Formazione) predispone annualmente delle prove scritte che hanno lo scopo di valutare i livelli di apprendimento degli studenti italiani; dal 2009 la prova (di italiano e matematica) concorre nella valutazione finale dell'esame del primo ciclo di istruzione (per maggiori dettagli si può visitare il sito dell'INVALSI).

Sembrerebbe dunque qualcosa di molto specifico attinente la realtà scolastica italiana. Per anni gli insegnanti sono stati “martellati” con l'argomentazione che le prove INVALSI avrebbero avuto lo scopo di fornire un quadro unitario e una valutazione di sistema.

Nello stesso tempo, però, l'INVALSI ammette che «l'approccio scelto è stato quello di integrare la Valutazione di sistema e delle scuole in un quadro di riferimento o framework unitario, al fine di tenere insieme una prospettiva macro, utile a chi sia interessato ad una comprensione generale del funzionamento della scuola, e una prospettiva micro, centrata sulla singola unità scolastica». Ed è proprio su quest'ultimo aspetto (la singola unità scolastica, “individual schools” come recita il testo in inglese), che può apparire una sfumatura, che si centra il punto della lettera del nostro amico Olli. È evidente che non si ragiona più in termini di sistema scolastico ma in termini di singola unità scolastica che deve essere valutata sulla base di criteri omogenei funzionali ad una logica competitiva e di mercato. Si tratta cioè di un'impostazione che sovverte il dettato costituzionale. Diversamente non ci spiegheremmo la relazione tra la rassicurazione dei mercati sulla futura solidità dell'Italia con una verifica di quanto gli studenti italiani possano conoscere di Dante, Petrarca e Pitagora.

Come sarebbe? Insomma: che c'entra allora la scuola con il pareggio di bilancio? Il signor Olli è Commissario agli Affari Economici e Monetari: con quale autorità interviene per chiedere chiarimenti su un'istituzione deputata a formare l'uomo e il cittadino e che non riguarda le dinamiche monetarie e di mercato? È forse andato un po' fuori del seminato?

Purtroppo no! Siamo di fronte ad un documento che, se non altro, ha il merito di chiarire dove stiamo andando, a chi non lo avesse ancora compreso.

Questa lettera, insomma, ha un grande merito: svela la verità. La verità è che i test INVALSI fanno parte di un sistema complessivo concepito negli ultimi anni (a partire dalla riforma Berlinguer e dall'introduzione dell'autonomia per gli istituti scolastici e per le università), predisposto da organismi economici con l'obiettivo di implementare criteri di definizione e valutazione di un'istruzione appiattita e finalizzata alle esigenze del mercato e della competitività.

Tutti gli interventi dei grandi organismi internazionali (dal FMI, al WTO, alla Banca Mondiale) negli ultimi decenni, hanno mirato a creare un mercato mondiale omogeneo funzionale agli interessi della circolazione delle merci e dei capitali cancellando ogni differenza: le differenze in qualsiasi ambito della vita produttiva e culturale di una società sono viste come impedimenti e rallentamenti alla libera circolazione delle merci e al loro consumo.

Tutti dobbiamo avere le medesime competenze funzionali a questa ideologia.

Traduciamo in chiaro: dopo la perdita della sovranità politica (v. programma di governo scritto dalla BCE), dopo la perdita della sovranità nazionale (v. “guerra” di Libia), dopo la perdita della sovranità monetaria, ora si esige anche la perdita definitiva della sovranità culturale.

Si prendano dunque provvedimenti per quelle singole scuole che hanno ottenuto risultati insoddisfacenti alle prove INVALSI. I lumi della concorrenza e della competitività globale non possono permettere che le singole scuole rimangano indietro rispetto al passo dei tempi del neo-neo-liberismo. E dunque, come penserà il Governo italiano di intervenire sulle singole scuole e di alimentare “merito” e concorrenza? Quali provvedimenti saranno presi per incrementare la competitività tra le università?

Non si tratta quindi di pareggio di bilancio ma di colpire al cuore l'essenza della cultura che consiste nel coltivare diversità di linguaggi, di visioni del mondo e nel promuovere il ventaglio delle tante possibilità esistenziali percorribili nel corso della nostra vita.

Ci troviamo, oggi, novembre 2011, anni luce distanti dalla scuola così come pensata e delineata dalla nostra Costituzione più di 60 anni fa: come è possibile che sia accaduto tutto ciò? Come è possibile che una parte degli insegnanti (si spera minoritaria) partecipi attivamente a questo processo di svuotamento culturale e professionale senza rendersi conto che per questa via il docente è ridotto a semplice intermediario privo di ruolo e identità?

L'originale è apparso pochi giorni fa su Megachip.


mercoledì 9 novembre 2011

Occupy Firenze lancia l'accampata in Piazza S.S. Annunziata

VENERDI’ 11 NOVEMBRE ACCAMPATA IN PIAZZA

Tutto parte dall’idea che sia necessario un cambiamento e che il momento sia questo. Per riprendersi la città, e liberare il territorio dall’economia in mano di pochi, per una partecipazione diretta, base di una democrazia reale, per conoscere e conoscersi in maniera solidale e costruttiva.

L’11.11.11 sara’ il giorno in cui le città d’Italia e del mondo scenderanno e si riprenderanno le piazze. senza bandiere e etichette di partito, ma come cittadini e cittadine del mondo, ognuno contribuendo con ciò che può e ciò che conosce.

Per trasformare l’indignazione in volonta’ di lotta, canalizzando diversi movimenti, realta’ e singoli su obbiettivi e strategie comuni, uniti per il cambiamento. Firenze si incontra in piazza santissima annunziata Venerdi’ alle ore 11, partecipa con la tua esperienza e le tue idee, per studiare e proporre insieme soluzioni alternative ad ideologie inadatte a leggere il presente.

Per informare e agire attivamente secondo i principi della nonviolenza e del rispetto.

Siamo il 99 %.

***

Il programma sara’ dinamico emergendo dall’incontro e confronto delle diverse anime del 99%, tra i partecipanti anche l’economista Joseph Halevi.

Assemblee pubbliche in piazza santissima annunziata:
Martedì 8 dalle ore 19.30 (con cena)
Giovedì 10 dalle ore 17.30

***

Contatti:

Email: asspubfirenze@gmail.com
Sito Web: www.asspubbfirenze.altervista.org (a breve: www.occupyfirenze.org)
Facebook: Occupy Firenze
Gruppo Facebook: Indignati Firenze
Evento Facebook: Accampata Firenze – piazza Santissima Annunziata
Twitter: #occupyfirenze
yahoo group: indignati Firenze (Mailing list)

INOLTRA, PARTECIPA E DIFFONDI….!!!


articolo tratto da l'altracittà, link all'originale qui

lunedì 7 novembre 2011

Solidarietà a Riccardo Antonini

Alternativa Toscana esprime la propria solidarietà nei confronti del ferroviere Riccardo Antonini, che è stato licenziato a causa del suo ruolo di consulente Cgil di parte civile nell'inchiesta che riguarda la strage di Viareggio. La gravissima decisione delle Fs è stata comunicata stamani, e nella raccomandata che Antonini ha ricevuto tale decisione è stata motivata dal fatto che si sarebbe "definitivamente compromesso il rapporto fiduciario", causa appunto del licenziamento per giusta causa senza preavviso. Il ferroviere era già stato in precedenza sospeso in seguito al "conflitto di interessi" ed alla sua partecipazione alla manifestazione genovese contro l'amministratore delegato di Ferrovie Moretti (che è indagato per la strage).

Alternativa Toscana ritiene che si tratti di un'inaccettabile ritorsione nei confronti di una persona che sta dando un contributo importante nella ricerca della verità. L'unico conflitto di interessi è quello di Moretti indagato che licenzia un suo dipendente che è consulente di parte civile. In questo senso condividiamo pienamente le parole dello stesso Antonini: " E' un'offesa alle vittime e alle loro famiglie e un'azione intimidatoria nei confronti dei lavoratori."