mercoledì 28 dicembre 2011

Castelfranco di Sotto, la Provincia autorizza la costruzione dell'inceneritore.

L'avvocato dell'Unione Inquilini della Valdarno Inferiore Luca Scarselli ha annunciato che la Provincia di Pisa ha dato il via libera alla costruzione del tanto discusso pirogassificatore a Castelfranco di Sotto, il tutto in barba alle dimostrazioni di forte contrarietà della popolazione.

Questo è il comunicato stampa rilasciato dall'avvocato Scarselli:

Siamo sfortunatamente venuti a sapere che il 23 dicembre la Provincia di Pisa ha autorizzato l'istallazione dell'impianto di incenerimento di Castelfranco di sotto. Così, pensiamo di avere finalmente compreso le dichiarazioni del Presidente della Provincia di Pisa che preannunciava azioni legali.

Difatti, i dubbi che avevamo avuto sono stati confermati: da una parte, la Provincia di Pisa preannunciava fantomatiche azioni legali; dall'altra, però, si preparava ad autorizzare l'impianto.

Ci chiediamo allora cosa sia servita anche l'approvazione delle due mozioni avvenute in Consiglio Provinciale il 13 Dicembre scorso o cosa sia servito il processo partecipativo tanto decantato.

E se non sono significate niente le 4.200 firme raccolte contro la costruzione dell'impianto e le due manifestazioni che si sono svolte il 29 gennaio ed il 10 Dicembre scorso.

Ci duole vedere che sembra di assistere all'ennesimo “teatrino della politica” troppo impegnata a cercare di salvare la faccia; invece, di impegnarsi appieno per una seria politica ambientale. E ci duole anche dover pronunciare simili parole, ma che reputiamo doverose in queste circostanze.

Però, indipendentemente da tutto quello che è accaduto noi continueremo con più forza di prima nella nostra lotta, ed i fatti che sono successi sono solamente un ulteriore stimolo ad andare avanti.

Nella speranza della pubblicazione del presente comunicato stampa porgiamo i più cordiali saluti

Avv. Luca Scarselli

Sezione Valdarno Inferiore

Unione Inquilini Pisa

lunedì 19 dicembre 2011

Allarme di Italia Nostra: "Con il cantiere Tav rischiano molte opere, non solo il David."

"Con le vibrazioni dei lavori per il tunnel Tav a Firenze, non corre un grave rischio solo il David di Michelangelo, ma anche decine di altre opere in restauro nel laboratorio dell'Opificio delle Pietre Dure, che si trova alla Fortezza da Basso, cioé proprio dove passeranno gli scavi: tra queste ci sono capolavori come l'Adorazione dei Magi di Leonardo, la Croce di Giotto, L'ultima cena del Vasari".
A lanciare l'allarme, oggi a Firenze, è stata un'esponente di Italia Nostra, restauratrice agli Uffizi, Maria Rita Signorini. Italia Nostra potrebbe presentare una denuncia. Se, infatti, "come ha paventato l'architetto Fernando De Simone - ha spiegato Signorini - esistono serie possibilità che il David sia danneggiato dalle vibrazioni legate ai lavori Tav, pur trovandosi l'Accademia alcune centinaia di metri dal luogo degli scavi, figuriamoci cosa può succedere alle opere sotto restauro che si trovano all'Opificio, uno dei centri di eccellenza mondiale nel campo del restauro".
Il laboratorio sorge in un'ala della Fortezza da Basso, sotto due bastioni della quale passerà il tunnel: in pratica, proprio sopra un epicentro delle vibrazioni. A confermare l'allarme per l'Opificio ed i suoi preziosi 'ospiti' è anche un architetto dell'ente, Alberta Zuffanelli: "Il rischio vibrazioni è concreto - ha detto durante lo stesso incontro -, tanto è vero che proprio in questi giorni le ditte incaricate di raccogliere i testimoniali sulle condizioni delle strutture a rischio danni si trovano a lavorare proprio da noi".
"Ma quello che è ancora più grave - aggiunge - è che con questo tunnel scompariranno i pozzi sotterranei dai quali l'Opificio attinge acqua per alimentare i sistemi di microclimatizzazione necessari a garantire alle opere che abbiamo in cura l'ambiente giusto per non essere danneggiate. Sistemi complessi - conclude l'architetto - per i quali nel corso degli anni sono stati spesi milioni di euro".
Fonte: ANSA

venerdì 16 dicembre 2011

Due riflessioni sulla Strage di Firenze.

Vi proponiamo due tra le tante riflessioni che sono comparse in questi giorni sul web a proposito dei tragici fatti di martedì. La prima, Gli orfani e i nobili, è del nostro amico e militante Miguel Martinez, mentre la seconda è opera dell'insigne medievalista fiorentino Franco Cardini.


Gli orfani e i nobili

di Miguel Martinez

La prima cosa che mi viene in mente riguardo alla strage di Firenze, è una sera di qualche anno fa, su uno di quei treni locali che fanno fluire e defluire le correnti più povere dell’incessante moto globale.

I viaggiatori che non si conoscono si chiudono in quello strano stato di incoscienza che è la norma di vita dell’occidentale.

I pendolari che si conoscono si raccontano storie di ufficio o di fabbrica, poi passano al grande Luogo Comune ipnoticamente generato dal videomondo condiviso, la fantasia industrialmente prodotta che ha sostituito volti, pane, aria e vita.

Calcio, Berlusconi, telefilm e tutto il teleresto, e avresti voglia di spruzzare loro un po’ d’acqua in faccia per risvegliarli, poi sai che è inutile: solo un’occasionale ferocia di tanto in tanto spezza quello stato incantato.

In fondo, mi aveva spiegato tutto la mia amica, che ogni mattina si alzava al buio a Casalpusterlengo, per andare a Milano: che quando i pendolari muoiono, mettono le loro ceneri in un piccolo trenino che segue per l’eternità gli stessi binari che percorrevano da vivi.

Stanchi, sudati, alcuni venditori ambulanti senegalesi salgono, carichi dei loro enormi borsoni. E’ un giorno qualunque di un mese qualunque per i pendolari, è Ramadan invece per loro.

Si siedono sui sedili liberi, in silenzio, e tirano fuori, ognuno, dei libretti stracciati.

E mentre i pendolari attorno a loro fanno finta di non vederli, o parlano di calcio e di lavoro, loro leggono.

Silenzioso come i pendolari e come loro, alle loro spalle, cerco di decifrare i libretti. Sono scritti in lettere arabe, ma sembrano scritte a mano, con ampi caratteri maghrebini.

“Dei fratelli con un unico scopo, decisi, fedeli e sinceri nella fratellanza, servitori dei compagni di strada.

Ciascuno di questi nobili appartiene a un alto rango, capace di proteggere l’aspirante contro il male di un ribelle perverso.

Ciascuno di loro è un grande direttore spirituale, un erudito e un probo. Certi di loro educano con versi e stati mistici.

Tra di loro, ce ne sono alcuni che elevano i loro discepoli, tutto il tempo, di un solo stato, ma altri educano e innalzano con segni efficaci.

Ciascuno di loro è un conoscitore sapiente, che conosce l’insieme delle malattie spirituali, preservando l’aspirante da diverse forme di male

Ciascuno di loro è nobile, generoso, devoto e saggio, e prodigo dei più preziosi consigli per tutti gli esseri umani

Guariscono l’anima da tutti i suoi vizi, con il loro fervore, avendo ricevuto dal Signore scienze altissime.

Rendendo disponibile le conoscenze della via degli “uomini di Allah” per tutti coloro che vi si vogliano sottomettere, per ispirazioni divine

Ciascuno di loro ha una cura molto elevato per ciò che si innalza, tutto il tempo verso l’Onnipotente che conferisce forza e illuminazione

Vedendo chiaramente ciò che è nascosto, tramite l’occhio del cuore, proprio come scruta e discerne ciò che è dissimulato nelle tenebre”.[1]

Gianluca Casseri ha ucciso per invidia.

Nota:

[1] Da Huqqal Bukka-u (“Esiste un motivo per piangere [i saggi defunti]?”) dello sheykh Ahmadou Bamba


Il caso fiorentino e la crisi europea


di Franco Cardini

Dinanzi al caso fiorentino – un omicida-suicida, l'estremista di destra Gianluca Casari, e due senegalesi morti che potrebbero diventare di più in quanto vi sono dei feriti in gravi condizioni – le due opposte tentazioni da respingere sono il semplicismo del “caso-limite” e la superficiale sistemazione dell'evento all'interno di una serialità ormai acclarata, che fa parte delle manifestazioni patologiche sì, ma in fondo “ordinarie” del nostro Occidente.
Le voci terrorizzate e angosciate, ma in fondo minimaliste, si sono fatte sentire per prime. E hanno formulato pareri giudiziosi: il Casari era un povero folle la condizione del quale era magari aggravata da cattive frequentazioni parapolitiche e pseudoculturali, l'esponente di una marginalità politica e umana che di solito resta confinata nei bassifondi e nelle cantine della nostra società e che purtroppo di rado riesce ad affiorare al disonore della cronaca con un gesto: magari, degli ammalati del “complesso di Erostrato”, il tizio che incendiò il tempio di Artemide in Efeso affinché il mondo lo conoscesse e parlasse di lui. E' stato questo, in fondo, forse il caso del norvegese Breivik, che ha avuto il tempo di rivestire la sua infame strage di logorroici sproloqui che definire ideologici equivale a far dell'eufemismo fuori luogo. Ma la posizione di chi la pensa così non è purtroppo convincente in quanto eccessi del genere, anche se non si traducono frequentemente in autentici delitti, cominciano a diventar un po' troppo comuni all'interno della nostra società. Il recente assalto al campo torinese di rom accusati a torto di un delitto che non avevano commesso è stato a un pelo dal trasformarsi a sua volta in un altro episodio raccapricciante di violenza. Né, d'altro canto, si può accettare che questi episodi, e la ferocia che ne costituisce la base e la radice, vengano accettati come se fossero normali o comunque in qualche modo comprensibili se non giustificabili in una società che appare provata e che si sente minacciata. Perché questa società, all'interno della quale qualcuno propone di trattare con sociologica comprensione il delitto (“si sentono minacciati, chissà forse lo sono davvero, quindi è normale se...”) è la stessa che non troppe generazioni or sono ha preteso di essere progredita e cresciuta imponendo l'habeas corpus, scrivendole carte dei Diritti dell'Uomo, abolendo pena di morte e tortura: e che ha ritenuto di poter giudicare e condannare i totalitarismi dalla sponda della sua conclamata superiorità morale proprio in quanto aveva raggiunto quegli irreversibili traguardi. Basta dunque un pericolo vero o supposto tale, per quanto grande sia, per indurre i paladini della libertà e dei diritti umani ad abbandonare i loro nobili ideali e a tornare alla cultura della repressione e magari dell' “aggressione preventiva”, che ha la spudoratezza di autoqualificarsi come misura di difesa?
Quel che intendo dire è che la condanna dei Breivik e dei Casari è pleonastica, è ovvia, ma non significa assolutamente nulla. I gesti dell'uno e nell'altro non sono affatto spuntati dal nulla come un fiore malefico nato non si sa né come né perché in un dolce profumato giardino: al contrario, le aiuole avvelenate nelle quali sono sbocciate quelle malefiche corolle sono state per anni, giorno per giorno, concimate dal letame di un odio considerato ammissibile e legittimo anche quando lo si riteneva non condivisibile e irrorate dall'acqua stregata del pregiudizio.
Assumiamoci quindi le nostre responsabilità: ciascuno di noi ne ha di che riempire ora una bella borsa, ora un pesante sacco. Non troppi mesi fa un esponente politico allora di spicco del passato governo, dinanzi allo spettacolo di alcuni poveri corpi che galleggiavano senza vita nel mare di Pantelleria, non esitò a invocare per il futuro un salutare intervento della marina militare, che mitragliasse e colasse a picco i cargos dei disperati provenienti dal continente africano. In un paese civile, tale affermazione avrebbe dovuto provocare un coro di indignazione e una serie di gesti di concreta rivolta contro la prospettiva che chi aveva osato pronunziare un'enormità del genere rimanesse anche un solo minuto di più a occupare un seggio di governo a spese della comunità tali da obbligare il presidente della repubblica a rimuoverlo d'autorità e ad allontanarlo dai pubblici incarichi. In Germania, pochi mesi fa – non nell'Ottocento romantico e nel rigoroso Reich del Kaiser Guglielmo – lo scandalo derivante dalla scoperta che un ministro aveva plagiato la sua tesi di laurea è stato tale da obbligarlo a dimettersi. Questi due episodi danno la misura della differenza tra situazione italiana e tedesca molto di più di qualunque spread.
Non basta ancora. Nel 2002 – vedete quanto lontane sono le radici della violenza? -, quando il governo Bush e i suoi complici stavano preparando l'aggressione all'Iraq, tra Manhattan e Firenze la giornalista e scrittrice Oriana Fallaci seminava generosamente i semi dell'odio descrivendo un immaginario Islam tutto proteso a distruggere la nostra civiltà e reagendo – come allibito denunziava Tiziano Terzani, che della Fallaci era pur amico ed estimatore – con calci e sputi dinanzi alle repliche di chi non era d'accordo con lei. In tale occasione, intellettuali come Franco Zeffirelli si schierarono senza se e senza ma al fianco di Oriana minacciando addirittura d'incatenarsi sul Ponte Vecchio finché non fossero cessate manifestazioni “vergognose” come quelle degli extracomunitari che avevano drizzato una tenda di fronte al palazzo arcivescovile, a fianco del bel battistero di San Giovanni, identificando nel primate della Chiesa fiorentina colui che naturalmente avrebbe potuto difenderli, magari da solo, contro gli intollerabili soprusi dei quali erano vittime e che provenivano loro, spesso, da amministratori e da politici. Che quelle intollerabili offese alla dignità della persona umana fossero ben più gravi dell'attentato alla bellezza della più nobile piazza fiorentina costituita da quell'accampamento di senza-dimora, non sfiorò nemmeno per un istante né la coscienza cattolica di Zeffirelli, né quella laica e democratica della Fallaci.
La strada che ha condotto all'eccidio fiorentino è lastricata di queste pietre. Ma, finché la crisi socioeconomica non si è palesata in tutta la sua gravità – e ciò non è ancora del resto accaduto nemmeno in questi giorni -, queste manifestazioni d'intolleranza, questi incitamenti all'odio, sono stati confusi con legittime espressioni di libertà di pensiero. Ma quando un pregiudizio lungo, radicato e addirittura autorevolmente accettato e magari perfino sostenuto, dopo aver troppo tempo “pacificamente” allignato in una società che sottovalutandolo lo ha tollerato, esplode in una sinistra girandola di violenza, c'è sempre qualche anima bella disposta a meravigliarsi e perfino a indignarsi. Allora, però, è troppo tardi. E' un po' come le streghe e gli untori, all'esistenza dei quali si crede distrattamente finché arriva la peste: e allora essi diventano il capro espiatorio di una società che ha bisogno d'identificare il Nemico Metafisico, la causa unica o prevalente delle sue disgrazie.
Ecco perché il caso-Casari è molto più grave di quanto già non appaia dall'enormità del delitto del quale il giovane pistoiese si è reso responsabile. Perché esso costituisce la punta di un iceberg fatto di pregiudizio, d'ignoranza, di paura, di malafede e cresciuto per colpa di tutti noi: o perché lo abbiamo aiutato a crescere, o perché non siamo stati abbastanza lucidi ed energici da ostacolarlo in modo deciso ed efficace. Nei prossimi mesi, tutto sarà più difficile perché peggiori saranno le condizioni economiche. Sarebbero d'altro canto seri guai, se la coscienza dell'innocenza dei senegalesi dovesse nascere solo dalla compassione per i soprusi che hanno dovuto subìre. E più seri ancora se essi decidessero di organizzarsi per non subirne più. Ecco perché la stessa nobile solidarietà dimostrata dai commercianti fiorentini nei confronti delle vittime della furia omicida del Casari, per esemplare che sia, cela essa stessa un rischio: quella del generare fronti contrapposti e di alimentare la spirale della vendetta. E' così che cominciano le guerre civili.

giovedì 15 dicembre 2011

Strage di Firenze, sabato manifestazione della comunità Senegalese.

Quello che segue è il testo dell'appello per la manifestazione di sabato 17 dicembre indetta dal Coordinamento Regionale dei Senegalesi in Toscana. Alternativa Toscana aderisce ed invita la cittadinanza a partecipare in massa.

I nostri fratelli Mor Diop e Samb Modou sono stati assassinati, e Moustapha Dieng, Sougou Mor e Mbenghe Cheike gravemente feriti da una mano armata dall’odio xenofobo, lucido e determinato. Tutti sono vittime della manifestazione estrema di un razzismo quotidiano che umilia sistematicamente la nostra dignità.

La strage del 13 dicembre a Firenze necessita di una risposta ampia e plurale, che esprima lo sdegno per i barbari assassinii e la ferma volontà di operare concretamente perché simili fatti non si ripetano. E’ necessario che non ci si limiti all’abbraccio solidale verso la nostra comunità colpita ed alla partecipazione al nostro dolore solo per un giorno.

Occorre andare più a fondo e individuare tutte e tutti insieme come si è costruito nel tempo il clima che rende possibile l’esplodere della violenza razzista come è avvenuto il 13 dicembre a Firenze e solo due giorni prima a Torino con il pogrom contro un insediamento Rom. Bisogna interrogarsi su come siano stati dati spazi, per disattenzione e/o per complicità, ai rigurgiti nazi-fascisti di gruppi come Casa Pound, quale ruolo abbiano avuto in questa escalation non solo i veleni sparsi dalle forze “imprenditrici” del razzismo, ma anche gli atti istituzionali che, a livello nazionale e locale, hanno creato, in nome dell’ordine e della sicurezza, discriminazioni e ingiustizie.

Chiediamo l’impegno di tutte e tutti per cambiare strada, intervenendo sul piano culturale e della formazione del senso comune, promuovendo il rispetto della dignità di ogni persona.

E’ necessario avere come punto di riferimento costante il riconoscimento dei diritti sociali, civili e politici delle persone immigrate, dei rifugiati e richiedenti asilo e dei profughi, eliminando i molti ostacoli istituzionali che contribuiscono a tenere in condizione di marginalità la vita di molti migranti in Italia.

Occorre dare piena applicazione al dettato costituzionale e alle leggi ordinarie che consentono la chiusura immediata dei luoghi e dei siti come Casa Pound, dove si semina l’odio e si incita alla violenza xenofoba.

Bisogna che tutte le energie positive, che credono nella costruzione di una città e di un paese della convivenza e della solidarietà, si mobilitino unite per fare barriera contro l’inciviltà, il razzismo, l’intolleranza.

Nel 1990 Firenze fu teatro di spedizioni punitive contro gli immigrati e vi fu una reazione popolare, che dette luogo ad una grande manifestazione di carattere nazionale.

Facciamo un appello rivolto a tutte le persone di buona volontà, nella società e nelle istituzioni, ad unirsi a noi, in una manifestazione ampia, partecipata, pacifica, non violenta e contro la violenza, di carattere nazionale.

Una manifestazione che segni una svolta e l’inizio di un cammino nuovo, onorando le persone uccise e ferite in quella tragica giornata e capace di affermare in modo inequivocabile: mai più atti di barbarie come la strage del 13 dicembre.

L’appuntamento è a Firenze sabato 17 dicembre alle ore 15, partenza da Piazza Dalmazia, arrivo Piazza Santa Maria Novella

Per adesioni: perMorperModou@gmail.com

Coordinamento Regionale dei Senegalesi in Toscana

martedì 13 dicembre 2011

Giornata di studi sul dissesto idrogeologico


Giovedì 15 dicembre, la Fondazione dei Geologi della Toscana ha organizzato una giornata di studi sui drammatici fatti di questo autunno intitolata Si può convivere con il dissesto idrogeologico? che si terrà nell'Aula Magna del Rettorato dell'Università di Firenze in Piazza San Marco a partire dalle 9.
Nell'immagine qua sopra trovate i dettagli del programma.

lunedì 12 dicembre 2011

Al cinema Adriano il primo film sul Tav a Firenze

Lunedì 12 Dicembre 2011
ore 21,00
proiezione del primo episodio di
“SOTTO, SOTTO”

Si tratta di un film, o meglio, di una “docufiction” prodotta dal Comitato che si oppone al sottoattraversamento TAV.
L'opera sarà articolata in 4 episodi, tutti diretti dal regista fiorentino Eugenio Rigacci. Quello che sarà proiettato è il primo episodio dal titolo "Ma Quando Arrivi?".

Nel corso della serata saranno presentate le ultime ricerche dei nostri tecnici, in particolare quelle di Massimo Perini sulla pessima progettazione del sottoattraversamento; sarà illustrata da Giorgio Pizziolo la proposta di superficie con tutti i vantaggi per la città e la mobilità.

A completare l'incontro le divertenti creazioni sonore sul tema TAV del gruppo “CROZIP+”.

Il leader delle Ferrovie Mauro Moretti ha definito fessi quelli che criticano questo progetto; in effetti dedicare tanto tempo a capire il senso di un progetto sbagliato non è il massimo che si può chiedere dalla vita, ma c'è una passione politica e morale che impone di lottare contro questo spreco di risorse, soprattutto in un periodo in cui i soliti noti sono chiamati a salvare il paese da un debito generato anche da grandi opere inutili come questi tunnel fiorentini.
Il lavorare assieme di tanti “fessi” non ha prodotto solo la denuncia di un'opera inutile, ma ha stimolato la creatività del gruppo che, dopo un progetto alternativo di mobilità su ferro, cerca in esperienze artistiche una compensazione al grigiore della politica istituzionale.
Insomma ci si è resi conto che da è fessi restare a casa ad aspettare che gli architetti del disastro continuino la loro folle opera.

Comitato contro il Sottoattraversamento AV di Firenze
Contatti:notavfirenze@gmail.com 338 3092948

sabato 10 dicembre 2011

Presentazione del libro "Autopsia della politica italiana".

per Unaltracittà - lista di cittadinanza Democrazia Km Zero
nell'ambito del ciclo di appuntamenti per approfondire
i temi della crisi economica e finanziaria

organizza l'incontro


Europa tossica: crisi del capitalismo, crisi del debito, crisi della politica

Autopsia della politica italiana

con gli autori Cristiano Lucchi e Gianni Sinni e l'intervento di Vittorio Alvino, presidente di openpolis.

introduce Ornella De Zordo

martedì 13 dicembre, ore 16:30
Palazzo Vecchio, 3° piano, Sala delle Miniature


Autopsia della politica italiana è una raccolta di di 38 vivaci e rigorose infografiche che accompagnano cittadini e lettori in un percorso di approfondimento degli sprechi e dei costi del sistema politico-istituzionale italiano. Prima uscita della nuova collana “Atlanti civili” fa emergere con chiarezza l’azione perversa di una Casta – politici, amministratori e relativo sottobosco – che ogni anno costa ai contribuenti la cifra astronomica di 23 miliardi di euro. Sotto i riflettori un Sistema che negli ultimi anni ha contribuito in maniera determinante al progressivo declino dell’intero paese: sprechi e privilegi; corruzione ed evasione fiscale; indennità, consulenze e appalti esorbitanti; l’inganno dei derivati, il conflitto di interessi e l’assenza di trasparenza; i costi degli Enti locali, delle Agenzie, delle consulenze fino alla computazione degli oneri verso lo Stato del Vaticano. Ad emergere è il distacco enorme tra la Casta e il Paese reale, tra i politici di professione e cittadini indignati a cui è sempre più necessario dotarsi di informazioni in grado di restituire compiutamente il disastro culturale, politico ed economico a cui è costretto il nostro Paese.



venerdì 9 dicembre 2011

Privatizzazione Ataf, per De Zordo e Grassi è una svendita

ATAF, GRASSI E DE ZORDO : “SOCIETA’ IN S-VENDITA A 8 MILIONI DI EURO E DAGLI ABBONAMENTI VENDUTI SU GROUPALIA SI INCASSA SOLO UN QUARTO DEL PREZZO.”

L’audizione del Presidente Bonaccorsi conferma la nostra contrarietà alla privatizzazione

“Società in s-vendita a 8 milioni di euro: questa la stima che il Presidente Bonaccorsi ha dichiarato questa mattina in Commissione Controllo.” – affermano i Consiglieri comunali Ornella De Zordo di perUnaltracittà e Tommaso Grassi di Sinistra e Cittadinanza.

“Ci chiediamo da dove esca un valore così basso per la vendita dell’intero pacchetto delle quote della società ATAF Gestioni srl che comprende non solo i mezzi e gran parte della forza lavoro di ATAF ma anche le partecipazioni attualmente detenute in GEST Spa, Linea Spa, Opi-Tec Spa, Ti Informa scrl, Firenze City Sightseeing srl, I-Mago Spa, Ataf e linea Scarl, LFI spa, SIGER srl.”

“Ci sembra una vera e propria svendita che non solo penalizza, attraverso la privatizzazione, lavoratori e utenti ma impoverisce l’Amministrazione comunale che tende evidentemente a far cassa: sembra che la parola d’ordine sia ‘pochi, maledetti e subito’.”

“Saranno sicuramente pochi quelli che entreranno nelle casse di ATAF dalla nuova operazione d’immagine che il Presidente Bonaccorsi ha intrapreso e con la quale per il mese di dicembre si offrono abbonamenti del valore di 39 € a 17 €. A fronte dei 17 € incassati da Groupalia, ATAF ne riceverà solo il 50% al netto di IVA. Se questa uscita vuol far fare bella figura all’attuale gestione di ATAF diciamo subito che è un vero flop anche perché vorremmo sapere quanti carnet ribassati sono stati resi disponibili e non vorremmo che questa trovata servisse semplicemente per riqualificare l’immagine della tanto criticata gestione societaria.”

“Quanto alla ribadita non partecipazione del Comune alla gara regionale risulta bizzarro che prima ancora che i dettagli della gara stessa siano definiti il Sindaco di Firenze dichiari di non parteciparvi a causa dei parametri sfavorevoli per la Città. E’ stando all’interno del tavolo che decide il futuro della gara che i parametri potranno essere discussi e contrattati. Anche qui in realtà sembra che la decisione di vendere per far cassa sia l’unica spinta che guida il Comune e che la gara regionale sia presa a pretesto per le vendite delle quote.”

“Ribadiamo che vendere le quote di ATAF è una scelta sbagliata, nociva per i dipendenti dell’azienda e per l’intera Città.” – concludono Grassi e De Zordo.

mercoledì 7 dicembre 2011

Lettera di un simpatizzante fiorentino a Giulietto Chiesa

Uscire dall'euro? Lettera a Giulietto Chiesa


Seguo Giulietto Chiesa da qualche anno, ed a parte le sue idee, le sue inchieste e le sue battaglie che mi trovano concorde, dal lato umano mi ispira fiducia (nonostante io lo abbia visto solo attraverso il video). Conosco Megachip e sono interessato a tutte le tematiche che affrontate. Sono d’accordo che questo sistema sia finito, saturo, e che bisogni trovare nuove “Alternative” per la nostra vita. Sono anni che cerco di parlarne e spronare i miei amici, conoscenti, familiari, ma non è per niente facile coinvolgerli sul serio, nonostante che si rendano perfettamente conto che la situazione è molto delicata e che le prospettive future spaventino e non poco. Sono pienamente d’accordo sul “non pagare il debito”, pur pensando alle conseguenze che questa decisione così importante possa avere. Ma credo che restando nell’Euro, le conseguenze ed il futuro sarebbero e saranno molto peggiori. E poi, l’idea di essere considerato un “consumatore”, un codice fiscale o addirittura un “codice a barre”… con presente e passato pesantemente influenzato dalle decisioni e dalle strategie stabilite a tavolino dai signori del “dietro le quinte”, mi fa davvero impazzire di rabbia. Io punterei molto su questo tema. Il “NON PAGARE IL DEBITO” potrebbe diventare davvero l’arma vincente di “Alternativa”. L’italiano, pur dormiente, sa che le cose così sono diventate insostenibili e che rischiamo sul serio di diventare un paese di terzo mondo. Ovviamente sono perfettamente consapevole che faranno di tutto per discreditarci e buttare fango sulle nostre tesi, che la lotta sarà dura, ma qui non stiamo parlando di vincere un privilegio o ottenere una concessione. Qui si parla di sopravvivenza della nostra Italia. Il “rischio ne vale altamente la candela”. E’ stato fatto un “golpe” di stato alla popolazione non solo italiana, ma europea. E questo iniziando dal Trattato di Maastricht, proseguendo con l’entrata nell’Euro e finendo con il Trattato di Lisbona. La maggior parte della popolazione nemmeno conosce i contenuti del Trattato di Lisbona e nemmeno sospetta che il funzionamento dell’Euro ci abbia totalmente tolto la sovranità monetaria. In tanti non immaginano a chi davvero appartenga la Banca d’Italia ola BCE… Maquesto fa parte della strategia: rendere la popolazione apatica ed ignorante, creare una falsa illusione di benessere, distrarli con falsi problemi. E su questo le colpe vanno ben distribuite (e ce ne sarebbe da discutere per giornate intere). Ho seriamente paura sulle privatizzazioni dei servizi essenziali che ci renderanno sempre più schiavi di questo sistema corrotto: vedi l’acqua(nonostante il referendum, sono convinto che faranno di tutto per raggiungere il loro scopo), l’energia, i trasporti… Le scie chimiche mi rovinano l’umore ogni volta che sollevando gli occhi al cielo, le intravedo. A volte, mi fermo a guardarle come se stessi guardando un ufo, per cercare di richiamare l’attenzione. Le fotografo addirittura. Ma tanta gente è convinta davvero che siano aerei di linea e che si tratti di scie di condensazione. Equitalia è davvero un’associazione a delinquere di stampo mafioso. Cartelle pazze, espropri, pignoramenti, fermi dei mezzi, etc etc. Questa è una guerra contro i poveri, contro chi ha pochi mezzi per difendersi e lotta nella disperazione. I temi sono tanti, complessi delicati, non mi voglio troppo dilungare. Parlando di me, ti dico subito che non sono una persona che ama i cerimoniali (anche per questo, forse, sono stato sempre fuori dai classici partiti politici, che ritengo la espressione massima dell’ipocrisia). Mi piace l’idea di un partito, di un’associazione, di un gruppo, dove tutti siano partecipi ed interessati attivamente, preparati culturalmente, informati con numeri e dati. Mi ritengo una persona concreta, efficiente (che spesso va al dunque senza troppi sprechi di tempo ed energia) e ben organizzata. Mi piace occuparmi di temi importanti, come quelli che si trattano in Alternativa, e non perder tempo per problemi superflui facilmente risolvibili. Vi pregherei, se fosse possibile, di indicarmi delle prime letture per iniziare ad avere una buona preparazione fondamentale per comunicare con la gente.

Saluti. Piero Lorenzo

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Caro Piero,

la tua lettera mi riempie il cuore di soddisfazione. Quello che scrivi e’ il nostro programma, e’ il nostro metodo. Non ho quasi nulla da aggiungere. Salvo un problema di tattica politica. Su cui io stesso sto riflettendo. Proclamare l’obiettivo di uscire dall’euro lo ritengo un errore. Per lo meno in questa fase, nella quale gli stessi potentati mondiali ed europei sono ancora in lotta tra di loro per decidere se lo vogliono liquidare loro, l’euro, o se conviene loro di più tenerselo. E’ una partita disperata (così io la interpreto) nella quale loro sono impegnati e alla quale noi non siamo in grado di partecipare ne’ di influire.

Quali siano i loro calcoli noi non sappiamo, perche’ non abbiamo le cifre vere in mezzo alle quali si dibattono. Scegliere in queste condizioni significa scegliere alla cieca e, magari, anche nel nostro piccolo, fare il gioco di uno dei nostri nemici contro l’altro, senza poter sapere quale dei due e’ il piu’ astuto e pericoloso. Considero la parola d’ordine “noi il debito non lo paghiamo” la migliore possibile nelle date condizioni. Perche’ ci consente due cose importanti: aggregare una forza sociale che potrebbe divenire significativa in prospettiva, e mettere in discussione la cosa piu’ cruciale, cioe’ il ritorno alla sovranita’ monetaria senza esporci all’accusa di essere stati noi ad abbattere l’euro. Quale che sia l’esito, dobbiamo sapere che sara’ doloroso per grandi masse popolari e che non abbiamo nessun bisogno di essere indicati come coloro che hanno contribuito a provocarlo. Inoltre io ritengo che un ritorno alla sovranita’ monetaria sarebbe possibile anche mantenendo l’euro, ma all’interno di un contesto europeo radicalmente mutato, con l’avvio di un nuovo processo costituente, con la cancellazione di Maastricht e Lisbona, con referendum popolari obbligatori ecc.

In sintesi: ritengo che, per ora, euro ed Europa (per l’Europa come istituzione il ragionamento dev’essere assai piu’ corposo di quello che qui appena ,accenno) godano ancora di una certa popolarità, di un appeal molto diversificato ma di cui dobbiamo tenere conto. Se sono i nemici a demolirli, per conto loro, e’ un conto (e saranno loro a dovere spiegare perche’ lo fanno; se siamo noi a gridare ai quattro venti che e’ questo che vogliamo, mi pare evidente che ci assumiamo la corresponsabilita’ di quella loro decisione. Se decideranno di mantenerlo avremo l’occasione di attaccarli per averci imposto i prezzi da pagare che ci annunciano. E potremo allora tirare almeno una parte delle somme che, al momento non siamo in grado di tirare per difetto di informazione.

Non paghiamo il debito e’ la parola d’ordine che ci consente di agire subito, a nostra volta, senza autocostringerci a scoprire tutte le nostre carte (purtroppo, non dimentichiamolo mai, assai esigue).

Un secondo ragionamento riguarda il tuo impegno. Non so la tua eta’, non so dove abiti. Ma Alternativa c’è. Iscriviti, prendi contatto con uno dei nostri gruppi sul territorio. E comincia ad agire con Alternativa e non piu’ da solo. Da come ti descrivi capisco che saresti straordinariamente utile ad un lavoro essenziale per la nostra crescita.

Letture? Inutile che ti dica quale dei miei libri leggere. Sul mio sito li troverai nella bibliografia. Ma te ne aggiungo qualcuno da dove potresti cominciare: Luigi Sertorio e Erika Renda: “Cento Watt per il prossimo miliardo di anni”. . E “I limiti dello sviluppo. Update trent’anni dopo”, del Club di Roma. Il titolo italiano non e’ preciso al 100%, ma se vai in libreria lo trovi (Edizioni Mondadori, se non erro 2002). Comincia da qui. Quando avrai finito queste due letture preliminari ci risentiamo. Nel frattempo mi auguro che tu sia già in Alternativa e che potremo discuterne insieme.

Molti cari saluti. Giulietto

Link all'originale.

martedì 6 dicembre 2011

Forum sulla crisi

La Rete@ Sinistra in collaborazione con Sbilanciamoci!, il manifesto e Ass. Lavoro e libertà organizza un forum di discussione su crisi economica e democrazia. L'appuntamento è per venerdì 9 dicembre a Firenze al Teatro Puccini, i lavori prenderanno il via alle 10:00 e si protrarranno fino alle 16:30.

Quello che segue è il comunicato stampa ufficiale dell'evento.

L’Europa è sotto l’attacco della finanza, la crisi del debito pubblico ha travolto Grecia e Portogallo, investe Italia, Spagna e Francia; l’euro è in pericolo, l’Unione ha perso la rotta, la politica europea non sa dare risposte all’altezza della crisi. L’Italia ha un governo nuovo - come gli altri paesi del Sud Europa travolti dalla crisi - che progetta austerità e tagli di spesa non troppo diversi dalle politiche vecchie. A Bruxelles come a Roma le politiche liberiste lasciano fare alla finanza, peggiorano le condizioni di vita, non progettano uno sviluppo diverso, avvicinano una nuova grande depressione.
Non è una strada obbligata. Trovare una via d’uscita dalla crisi è possibile, cambiare direzione alla politica europea e italiana è necessario. E, oltre l’Europa, il nostro sguardo deve considerare i profondi cambiamenti in corso nel Mediterraneo e sulla scena internazionale.

Di questo si è parlato nel dibattito su “La rotta d’Europa” aperto nell’estate scorsa da Rossana Rossanda e animato da 50 interventi, apparso sui siti ilmanifesto.it, sbilanciamoci.info, e nella versione inglese su opendemocracy.net.
Di questo parla in Italia la “Controfinanziaria” appena presentata da Sbilanciamoci!, con le sue alternative praticabili, compatibili con l’esigenza di aggiustamento del bilancio dello stato e capaci di introdurre una discontinuità con l’azione del governo passato. Di questo parlano le proposte che vengono dal sindacato, dalle associazioni ambientaliste, di studenti, da reti della società civile; a un “programma per l’AltraItalia” è dedicato l’ultimo numero della rivista Micromega.

Dietro l’emergenza economica – a Bruxelles come a Roma – c’è un problema di democrazia. In Europa la democrazia è sempre stata debole e viene espropriata dal potere della finanza, dall’”autonomia” della Banca centrale europea, dall’asse Berlino-Parigi, le cui decisioni hanno fatto precipitare la crisi dell’euro. In Italia la democrazia è stata devastata dal berlusconismo, indebolita da una politica dei partiti sempre più lontana dalla società, e deve ora lasciare spazio alla natura “tecnica” del governo di Mario Monti e alla regia del Presidente della Repubblica.
È crisi della democrazia anche l’attacco ai diritti e alla dignità del lavoro, non più luogo di cittadinanza e partecipazione, ma mero ingranaggio della macchina produttiva, assoggettato alle dinamiche del mercato, privo di identità e voce.
Anche questa non è una strada obbligata. Una via d’uscita per la democrazia si trova in un profondo rinnovamento della politica, nelle pratiche di partecipazione, nella mobilitazione che ha portato alla vittoria alle amministrative e ai referendum del giugno 2011, nelle
proteste degli “indignati” di tutto il mondo contro la crisi finanziaria. Tutto questo interroga i limiti della sinistra italiana, che non ha saputo cogliere queste spinte al cambiamento per cambiare se stessa, il proprio sguardo sul mondo e sull'Italia. Ed essere
dunque protagonista della caduta di Berlusconi.

Alla ricerca di queste vie d’uscita – per l’Europa, l’Italia e la democrazia – è dedicato l’incontro di Firenze, che ha l’obiettivo di chiarire i problemi dell’emergenza, avanzare proposte di alternative, estendere la discussione e le iniziative in tutta Italia.Vogliamo aprire una discussione concreta sulle politiche da realizzare e sulle forze in campo che possono cambiare direzione alle decisioni prese a Bruxelles e a Roma.

Tra i relatori al Forum di Firenze ci saranno Rossana Rossanda, Maurizio Landini, Paul Ginsborg, Luigi Ferrajoli, Mario Pianta, Massimo Torelli, Gabriele Polo, Giulio Marcon, Guido Viale, Francuccio Gesualdi, Annamaria Simonazzi, Giuseppe De Marzo, Norma Rangeri, Donatella Della Porta, Alberto

sabato 3 dicembre 2011

Articolo de "il manifesto" sul rigassificatore a largo delle coste toscane

Sit 5110

giovedì 1 dicembre 2011

La crescita: problema o soluzione?

Firenze, giovedì 1 dicembre 2011 ore 21:00
Bibiloteca delle Oblate, via dell'Oriuolo 26

"Cafferenza"
incontri a ingresso libero organizzati dall'Associazione Culturale Caffè-Scienza

La crescita: problema o soluzione?

Pascal Petit, Direttore ricerca del CNRS

modera Franco Bagnoli, Centro per lo Studio di Dinamiche Complesse, Università di Firenze

Gli stati vengono giudicati in base all'aumento della produzione (Pil). Ma il Pil aumenta, per esempio, dopo una catastrofe, e non è strettamente correlato con la felicità e il benesserre. Non sarà proprio l'esigenza della crescita ad ogni costo la causa prima delle crisi di questi ultimi anni?

mercoledì 30 novembre 2011

La questione territoriale

Pubblichiamo questa interessante riflessione di Piero Bevilacqua, uscita in prima battuta su il manifesto e ripresa anche da Micromega, sulle cause profonde degli ultimi disastri ambientali che hanno provacto la perdita di vite umane e ingenti danni economici alle collettività coinvolte.

Chi, ormai da decenni, studia la storia del territorio italiano, di fronte alle frane e ai morti delle Cinque terre e ora al disastro di Genova, oltre al dolore per le vittime prova oggi uno scoramento profondo. La voglia di non dire nulla, il senso dell'inutilità di scrivere e protestare. Chi scrive è troppe volte dovuto intervenire per commentare simili tragedie, tentando di mostrare le cause morfologiche e storiche che sono normalmente all'origine delle cosiddette calamità naturali nel nostro Paese. E, per la verità, lo ha fatto insieme a voci sempre più numerose e agguerrite di geologi, meteorologi, esperti. Tutto invano. E nell'ultimo ventennio più invano che mai, considerata la qualità intellettuale e morale del ceto politico di governo che ci è capitato in sorte e che del territorio italiano si è occupato per darlo in pasto agli appetiti speculativi. Tuttavia, l'obbligo di contribuire alla riflessione collettiva su fatti così gravi finisce col vincere sul senso di frustrazione. Senza l'ostinazione e la tenacia, d'altronde, la lotta politica, specie per chi sì è ritagliato una piccola frontiera di critica e di opposizione, non sarebbe neppure concepibile.

Oggi, di fronte agli eventi catastrofici che si susseguono, bisogna denunciare con chiarezza l'emergere di una grave questione territoriale in Italia. Non si tratta di una novità assoluta, le vicende del territorio hanno un corso lento, lasciano il tempo per essere osservate, ma essa oggi si presenta con caratteri assolutamente nitidi e drammatici per un insieme di ragioni. Mettiamo da parte, per brevità, la Pianura Padana, che ha problemi particolari, ma che ospita, ricordiamolo, il più complesso sistema idrografico d'Europa, essendo il ricettacolo dei grandi fiumi alpini. Si tratta dell'area più stabile del nostro Paese, eppure, anch'essa, è percorsa da sistemi di forze che possono assumere carattere distruttivo in caso di eventi climatici estremi. Il problema principale si chiama Appennino. La dorsale montuosa con i suoi innumerevoli corsi d'acqua e gli ingenti materiali d'erosione che trascina incessantemente a valle. Un tempo, la centralità dell'Appennino nell'equilibrio complessivo della penisola era chiaro anche agli uomini politici, quando questi possedevano un proprio profilo culturale oltre al curriculum politico.

Meuccio Ruini, ad esempio, che fu anche presidente del Senato, ricordava nel lontano 1919, come «contorno e rilievo, clima, abitabilità e comunicazioni, relazioni storiche, ogni cosa insomma dell' Italia peninsulare è signoreggiata dall'Appennino e ne riceve l'impronta». Ora, è noto da tempo, l'Appennino è in stato di abbandono. Ma soprattutto in condizioni di abbandono si trovano le terre pedemontane e collinari interne, quelle che per secoli sono state presidiate dalle abitazioni contadine, che sono state tenute sotto manutenzione dal lavoro quotidiano degli agricoltori. Una delle ragioni della diffusione e della durata storica della mezzadria nell'Italia di mezzo (soprattutto Toscana, Marche, Umbria) che dal medioevo è arrivata sino alla seconda metà del '900, è legata al fatto che essa prevedeva l'insediamento della famiglia mezzadrile nel fondo, impegnata a governare un territorio instabile. Ora, anche questo è noto, da tempo le colline mezzadrili sono state abbandonate, o sono coltivate industrialmente, con poche macchine e senza uomini.

Tale situazione, nota da tempo ai pochi esperti e appassionati della materia, conosce oggi un aggravamento dovuto a più fattori evolutivi. Da una parte, il progressivo, ulteriore abbandono dell'agricoltura da parte dei piccoli coltivatori che non ce la fanno a reggere i bassi prezzi con cui viene remunerata la loro impresa. Un fenomeno a cui gli economisti agrari di solito plaudono, perché il modello competitivo - nel pensiero economico astratto - è naturalmente la grande azienda, senza alcuna considerazione di ciò che accade al territorio, quando scompare un presidio. Di norma, quando la piccola impresa non è accorpata a una azienda più ampia, il terreno viene progressivamente invaso dalla vegetazione spontanea. Negli ultimi anni, tuttavia, a tale fenomeno si è aggiunto un sempre più largo uso edificatorio del suolo. Il cemento ha preso il posto degli ulivi o degli alberi da frutto. I comuni hanno fatto cassa svendendo il loro territorio. Nel frattempo il circolo vizioso demografico si è venuto sempre più accelerando.

Se si abbandonano le aree interne tutto tende a gravitare nelle zone di pianura, che nella Penisola solo prevalentemente le aree costiere. Qui oggi si accentra oltre il 66% della popolazione peninsulare. E qui sono insediati industrie, servizi, infrastrutture, la ricchezza materiale italiana. Ma anche qui, negli ultimi devastanti decenni dei governi di centrodestra (e nella pochezza e brevità di quelli di centrosinistra) si è continuato a cementificare con furia da "accumulazione originaria" cinese. Ora, l'ultimo elemento che completa il quadro riguarda la frequenza degli eventi estremi, vale a dire, nel nostro caso, la straripante quantità d'acqua che oggi cade in poco tempo in delimitate aree territoriali. Si tratta di un fenomeno dipendente dal riscaldamento globale, che il climatologo inglese John Houghton, definì, nel 1994, come «frequenza e intensità di eccessi meteorologici e climatici».

Dunque, come in questi ultimi anni, le piogge tenderanno in futuro a presentarsi sempre più come eventi particolarmente intensi. E le acque, dalle colline abbandonate o cementificate, mal regimate, precipiteranno lungo le pianure costiere dove il verde - la spugna che un tempo assorbiva le piogge - è diventato sempre più raro, impermeabilizzato da chilometri quadrati di cemento. Che cosa possiamo aspettarci? Davvero pensiamo di affrontare tale gigantesca questione organizzando meglio la protezione civile? Rendendo più efficaci i sistemi di allarme?

È evidente che qui ci si presenta una sfida che è anche una grande opportunità per il nostro Paese. Sia per creare nuove occasioni di lavoro, sia per ridare orizzonti progettuali alla politica sprofondata nel tramestìo quotidiano. La prospettiva è: riequilibrare la distribuzione demografica e valorizzare le vaste aree internedella Penisola. Un grande progetto per scongiurare disastri, ridando vita a una vasta area territoriale in cui gli italiani hanno vissuto per secoli. Il che si può fare con una molteplicità di interventi concertati, che puntino alla selvicultura e all'agricoltura di qualità, allo sfruttamento economico delle acque interne, al potenziamento del turismo escursionistico, al recupero - anche per insediarvi centri di ricerca - di tanti borghi e centri cosiddetti "minori": spesso gioielli monumentali che fanno l'identità profonda di una parte estesa d'Italia. Un insieme di iniziative e pratiche che potrebbero offrire lavoro alla nostra gioventù e a tanti giovani extracomunitari, oggi perseguitati da una legislazione criminogena. L'urgenza e l'assoluto vantaggio economico di procedere in tale direzione potrebbe fornire anche nuova forza al grande e specifico problema di tutela e conservazione del nostro paesaggio. Un bene inestimabile che stiamo compromettendo.

Naturalmente, per realizzare tale obiettivo, che col tempo potrà salvare l'Italia da perdite umane ed economiche sempre più gravi, occorre utilizzare risorse. E le risorse - per definizione sempre scarse - oggi lo sono più che mai. Ma proprio per questo appare necessario, in questo momento, un atto di coraggio anche da parte di tanto ceto politico e giornalismo che, talora in buona fede, ha visto nelle cosiddette grandi opere (Tav, Ponte dello Stretto) un'occasione di sviluppo per il nostro Paese. Bisogna avere la forza di ricredersi. Se le risorse finanziarie andranno alle grandi opere verranno a mancare per le piccole con cui noi oggi dobbiamo affrontare la questione territoriale italiana.

Se si realizzerà il Tav, le risorse pubbliche saranno prosciugate e, per la salvezza del nostro territorio, resteranno le briciole. O l'uno o le altre, tertium non datur. Senza dire che le due scelte si presentano incompatibili anche sotto il profilo storico e culturale. Le grandi opere sono il frutto recente di un modo di procedere del capitale finanziario, in concerto con i poteri pubblici, per costruire infrastrutture - di più o meno provata utilità collettiva - e in genere contro la volontà delle popolazioni che vivono nei luoghi interessati. Senza dire che il nostro è un territorio delicato, che mal sopporta il gigantismo delle costruzioni fuori misura. Al contrario, le piccole opere per risanare l'habitat italiano possono esaltare la partecipazione popolare, iscriversi nel solco di una tradizione secolare che ha fatto dell'Italia, per mano di anonimi artisti popolari, quello che resta ancora del Belpaese.

(8 novembre 2011)

martedì 29 novembre 2011

Congresso fondativo della Società dei Territorialisti.

Il "Primo congresso della Società dei territorialisti/e" si terrà il giovedì 1 e il venerdì 2 Dicembre 2011, a Firenze, presso l'Aula magna dell’Università degli studi di Firenze, Piazza San Marco n°4.

La Società dei Territorialisti e delle Territorialiste nasce per l'iniziativa di un Comitato di garanti di diverse discipline di molte università italiane, che hanno proposto di costituire un'associazione denominata Società dei territorialisti e delle territorialiste con questi obiettivi:

a) sviluppare il dibattito scientifico per la fondazione di un corpus unitario, multidisciplianare delle arti e scienze del territorio di indirizzo territorialista, che assuma la valorizzazione dei luoghi come base fondativa della conoscenza e dell'azione territoriale;

b) promuovere indirizzi per le politiche e gli strumenti di governo del territorio a partire da questo corpus;

c) indirizzare il dibattito sulla formazione di scuole, dipartimenti, dottorati, master di Scienze del territorio nelle università italiane;

d) promuovere eventuali strutture di carattere culturale e scientifico al di fuori dell'Università;

e) sviluppare relazioni internazionali mirate a estendere e confrontare i temi della Società.


Qui potete trovare il programma completo del congresso fondativo.

sabato 26 novembre 2011

Beppe Grillo e Paul Connet a Castelfranco di Sotto

Lunedì 28 novembre alle 21, in occasione dell'assemblea pubblica indetta dal Comitato contro il pirogassificatore di Castelfranco di Sotto, è previsto l'intervento dii Beppe Grillo e di Paul Connett, Professore di Chimica e ideatore della strategia "Rifiuti Zero". Il pirogassificatore non è altro che un inceneritore mobile, per un riassunto della vicenda che riguarda quello di Castelfranco di Sotto potete trovare un breve riassunto qui.

Vi proponiamo anche un'intervista a Paul Connett, apparsa tempo fa sul blog di Grillo, che presenta brevemente quali siano i punti cardine della strategia "Rifiuti Zero".


venerdì 25 novembre 2011

Incontro con Roberta Carlini: "La fine del pensiero unico"

perUnaltracittà - lista di cittadinanza Democrazia Km Zero nell'ambito del ciclo di appuntamenti per approfondire i temi della crisi economica e finanziaria

organizza l'incontro


La fine del pensiero unico

Cristiano Lucchi intervista Roberta Carlini di Sbilanciamoci

introduce Ornella De Zordo

sabato 26 novembre ore 10:30
Palazzo Vecchio, Sala delle Miniature

La grande crisi ha portato via con sé parecchie certezze: milioni di posti di lavoro, case, mutui, pensioni, sanità, scuole e università. Ma anche il mito della stabilità e della crescita come elementi naturali del sistema oltre al castello di carte dell'economia finanziaria e a un bel pezzo dell'economia reale. La grande crisi ha chiuso anche con una certa concezione dell'economia, con quel pensiero unico che ha dominato la politica, culturale e accademica negli ultimi trent'anni. Roberta Carlini, giornalista, coordina il sito di informazione economica www.sbilanciamoci.info. Ha pubblicato "L'economia del noi". Un viaggio in sei tappe (consumo, credito, casa, imprese, rete) nell'Italia che ha imparato a condividere.

mercoledì 23 novembre 2011

Comitato "No Debito", assemblea con Giorgio Cremaschi

Giovedì 24 novembre
ore 20,30
SMS di Rifredi

Assemblea con Giorgio Cremaschi


Il ciclo di incontri locali promosso dal Comitato "No Debito", nato a Roma il 1° ottobre scorso, fa tappa a Firenze. L'obiettivo dell'assemblea è quello di promuovere la discussione pubblica intorno ai 5 punti che costituiscono la base di partenza di una piattaforma politica che si prefigge la difesa della di sicurezza, futuro, diritti, reddito, lavoro, uguaglianza e democrazia di fronte all'assalto della speculazione finanziaria e delle politiche economiche neoliberiste propugnate dalle istituzioni europee.

I cinque punti sono:

1) Non pagare il debito, far pagare i ricchi e gli evasori fiscali, nazionalizzare le banche.


2) No alle spese militari e cessazione di ogni missione di guerra, no alla corruzione e ai privilegi di casta.




3) Giustizia per il mondo del lavoro. Basta con la precarietà. Siamo contro l'accordo del 28 giugno e l'articolo 8 della manovra finanziaria.




4) Per l'ambiente, i beni comuni, lo stato sociale. Per il diritto allo studio e alla scuola pubblica.




5) Una rivoluzione per la democrazia. Uguale libertà per le donne. Parità di diritti per i migranti. Nessun limite alla libertà della rete. Il vincolo europeo deve essere sottoposto al nostro voto.



Questo che segue è il documento approvato il 27 ottobre dal Coordinamento "No Debito".



La Bce in agosto ha mandato una lettera al governo italiano in cui chiede di distruggere tutto lo stato sociale, tutti i nostri diritti, di mettere all’asta i nostri beni comuni, per pagare le cambiali del nostro debito alle banche e alla speculazione finanziaria internazionale. Berlusconi alla fine ha risposto, accettando tutte le condizioni capestro e mettendocene anche qualcuna in più.

Non si tratta più solo dell'annuncio della libertà di licenziamento, sempre più desiderata e sempre più vicina, visto l'articolo 8, visti i ricatti aziendali, vista la distruzione dei diritti e l'estensione della precarietà. Oggi un tallone di ferro schiaccia il mondo del lavoro e ogni misura di flessibilità e di liberalizzazione serve solo a calare i salari e i diritti, a sfruttare di più. Per questo l'accordo del 28 giugno non è un freno ma un inutile resa a questa aggressione.


Ma a tutto questo si aggiungono le misure apparentemente più neutre, a partire dall’avanzo primario di bilancio, che significa in realtà la distruzione di ciò che resta dello stato sociale, per finanziare le banche. E si aggiungono le privatizzazioni e le liberalizzazioni. Così si cancella la nostra democrazia, tradendo il referendum di giugno, ove la grande maggioranza degli italiani aveva detto no alla privatizzazione dell’acqua e dei beni comuni. Siamo all’opposto di ciò che grida il movimento occupy wall street: non ci si preoccupa di ciò che chiede e di ciò di cui ha bisogno il 90% della popolazione, ma si difendono gli interessi e il potere della parte più ridotta, del 10%.

La lettera di intenti di Berlusconi è semplicemente una cambiale sulla nostra democrazia. Bisogna rifiutarla oggi, con le lotte e con la mobilitazione democratica: ci trattano come la Grecia, dobbiamo reagire come il popolo greco. Per difendere la nostra democrazia le opposizioni e i sindacati devono dire prima di tutto che quelle lettere non valgono nulla e non sono esigibili. Altrimenti la crisi della nostra democrazia affonderà nella palude delle finzioni. La lettera della Bce, la lettera di Berlusconi vanno strappate in faccia all’Europa, altrimenti sono tutte chiacchiere.

La drammatica evoluzione della crisi italiana, l’aggressione sempre più estesa ai diritti sociali e civili, danno ragione al percorso che abbiamo iniziato il 1° ottobre e mostrano tutta la validità e tutto il potenziale della mobilitazione del 15 ottobre.

Chi ha manifestato in quel giorno, così come chi lotta in Val Susa, nelle scuole, nelle università, nelle fabbriche, nei territori e nelle città, oggi non è solo contro il governo Berlusconi, ormai alla conclusione della sua parabola, ma anche contro quel potere economico finanziario che nel nome del debito vuol far pagare alla maggioranza della popolazione tutti i costi della crisi. La manifestazione del 15 ottobre, le iniziative che l’hanno preceduta, erano quindi contro due avversari: il governo e, assieme ad esso, la Bce e la dittatura finanziaria che sta distruggendo i diritti in tutta Europa.

Gli scontri del 15 ottobre e la successiva loro gestione mediatica hanno oscurato per alcuni giorni tutto questo. Si è così prodotta una regressione del confronto, si è tornati indietro di molti anni e sono state cancellate le novità vere della mobilitazione. Questa regressione è un risultato negativo che non può essere ignorato. Il problema non è riproporre una divisione tra buoni e cattivi nelle lotte e nei movimenti. La questione di fondo è quella della autodeterminazione dei movimenti e delle lotte, che le manifestazioni successive al 15, da quella dei metalmeccanici a quelle della Val Susa, hanno esemplificato.

Una manifestazione composita, plurale ma unitaria non può essere spinta e segnata da scelte che la manifestazione del 15 ha subìto, percepito in gran parte come ostili e, soprattutto, mai discusso. Nessuno può imporre pratiche e azioni di distruzione durante il corteo, che si sono ritorte contro la manifestazione stessa. La questione non è quella della rabbia esistente e del modo di farla valere e vedere. La questione è quella che nessuno può imporre le proprie modalità a tutto il movimento, né soprattutto può imporre scelte che la grande maggioranza non condivide. Allo stesso modo affermiamo che la gestione della polizia a piazza San Giovanni è stata evidentemente irresponsabile e ha prodotto la radicalizzazione e la generalizzazione degli scontri.

Riteniamo però a questo punto che non si possa andare avanti all’infinito in questa discussione. Occorre prendere atto che la manifestazione del 15 ha determinato questo risultato negativo e trovare le modalità per cui il proseguimento delle iniziative, reso indispensabile dall’aggravarsi della crisi, non ripresenti gli stessi problemi. Questa è la ragione per cui riteniamo necessaria una discussione di merito politico tra tutte le forze che hanno in comune la lotta contro la globalizzazione e la politica della Bce e dell’Unione europea. L’ultimatum consegnato al governo pochi giorni fa, a cui Berlusconi ha risposto con la sua vergognosa lettera, conferma che abbiamo due avversari. Oltre al governo Berlusconi, dobbiamo essere contro l’Unione europea così come è oggi, con la dittatura delle banche e della finanza che impone le sue scelte a tutti i governi.

La manifestazione del 15 conteneva un vuoto politico e una debolezza, che si è cercato di affrontare anche con proposte come quella dell’accampata, che avevano lo scopo di affermare una radicalità necessaria e diversa da quella delle manifestazioni tradizionali. Questa debolezza politica era accentuata dal fatto che la manifestazione del 15 appariva di più come una scadenza importata, nel quadro di un appuntamento internazionale di grandissimo valore, piuttosto che un obietto di lotta nostro. Occorre una piattaforma precisa, oggi, contro gli avversari italiani ed europei dei diritti sociali e civili; per questo pensiamo che non sia riproducibile nel nostro paese l’esperienza dei social forum. Esauritasi l’esperienza del social forum italiano e in profonda crisi quella europea, è necessario pensare a nuove modalità di costruzione e a una precisa piattaforma da collocare in spazi politici pubblici italiani ed europei.

Abbiamo quindi lanciato il 1° ottobre un movimento contro il pagamento del debito, contro la dittatura delle banche, con 5 punti sul piano sociale e politico che per noi rappresentano una reale alternativa. Abbiamo anche sottolineato che oggi come oggi non solo il centrodestra, ma anche il centrosinistra non assumono questi temi e anzi, in molti casi, ne sono addirittura controparte. Per questo abbiamo rivendicato la necessità di un nuovo spazio politico pubblico che dia legittimità piena a rivendicazioni politiche e sociali oggi assolutamente estranee a gran parte dell’attuale sistema rappresentativo. Su questo, secondo noi, si deve sviluppare il confronto, se si vuole mantenere il dialogo tra espressioni diverse del movimento.

Occorre quindi che da ogni parte si faccia la scelta precisa di rinunciare all’egemonia e di aprirsi al confronto di merito. Noi non pretendiamo di essere tutto il movimento, così come pensiamo che nemmeno altre forze o gruppi lo siano. Tutti insieme, misurandoci concretamente sulle differenze e sui contenuti, siamo in grado di costruire grandi iniziative. Ma per superare la crisi del 15 ottobre occorre un’operazione di verità e non il diluvio di polemiche.

La crisi politica nel nostro paese rende sempre più chiaro che la nostra democrazia è commissariata dal regime delle banche e della finanza d’Europa. Per questo comprendiamo la diffidenza che si sviluppa tra chi lotta, rispetto a tutte quelle istituzioni che sorridono alle mobilitazioni, salvo poi sostenere scelte economiche e politiche che vanno esattamente contro i contenuti di esse.

Il futuro dei movimenti in Italia è quindi fondato sull’indipendenza dall’attuale quadro politico. Questo è il punto su cui si deve davvero discutere, anche misurandoci sulle diverse opzioni. Forse questo è il punto su cui si è discusso meno, occorre cioè una pratica democratica assembleare dove ci si confronti davvero sulla piattaforma, dal debito, al lavoro, all’ambiente, alle questioni sociali, alla democrazia. Non è più tempo di diplomatismi o di minimi comun denominatori, abbiamo visto che questi creano una debolezza politica che viene poi coperta da altre scelte e altre forze.

Se vogliamo uscire dalla sindrome del post 15 ottobre dobbiamo quindi affrontare con democrazia, partecipazione e rispetto una grande discussione democratica sui contenuti della nostra piattaforma.

Per queste ragioni il nostro movimento, appena iniziato il 1° ottobre, decide di rilanciare la compagna e l’organizzazione della lotta contro il debito e per una vera alternativa sul piano economico, sociale e democratico. Andremo avanti, sui contenuti e nella ricerca di forme nuove di partecipazione e democrazia, disposti e interessati al confronto con tutti, ma nella consapevolezza che la crisi italiana è troppo grave per continuare con inutili polemiche.

Il comitato promotore del movimento No debito, dà appuntamento il 17 dicembre a Roma per una grande assemblea, preceduta da iniziative e incontri in tutto il territorio del paese.

Comitato promotore “No debito”


domenica 20 novembre 2011

Buona domenica!


E con questa bella immagine desideriamo "alleggerire" il contenuto del sito e augurarvi buona domenica!


sabato 19 novembre 2011

Presentazione del libro "Tav sotto Firenze"

VENERDI 25 novembre 2011
ore 21.00
Auditorium Istituto Stensen
Viale Don Minzoni 25

Presentazione del libro
TAV SOTTO FIRENZE:
IMPATTI, PROBLEMI, DISASTRI, AFFARI

E L'ALTERNATIVA POSSIBILE

Rapporto Finale dalla ricerca sugli impatti del progetto di passante TAV e sulla proposta di attraversamento in superficie

curato da Alberto Ziparo, Maurizio De Zordo, Giorgio Pizziolo
editore ALINEA

Interviene Ivan Cicconi, diretto di ITACA (istituto per l'innovazione, la trasparenza degli appalti e la compatibilità ambientale)

Intervengono tra gli autori: V. Abruzzo, D. Ancheschi, R. Budini Gattai, P. Celebre, A. Cerasino, T. Crespellani, A. Fiorentino, M. Perini

Sono stati invitati:
i Presidenti della Regione Toscana e della Provincia di Firenze, il Sindaco di Firenze, le segreterie delle Organizzazioni Sindacali, le Ferrovie dello Stato


venerdì 18 novembre 2011

16° Vertice Nazionale Antimafia a Campi Bisenzio


Il 19 novembre alle ore 16, presso Villa Montalvo, a Campi Bisenzio, si terrà il 16° Vertice Nazionale Antimafia, che si incentrerà sul ruolo sempre più ampio che il fenomeno mafioso riveste nell'intero continenti europeo. Sarà presente il Procuratore Nazionale Antimafia Piero Grasso.
Altri dettagli nella locandica qui sopra.


giovedì 17 novembre 2011

Incontro con gli autori de "La furia dei cervelli"

perUnaltracittà - lista di cittadinanza Democrazia Km Zeronell'ambito del ciclo di appuntamenti per approfondire i temi della crisi economica e finanziaria



organizza l'incontro



Europa tossica: crisi del capitalismo, crisi del debito, crisi della politica



La furia dei cervelli



Ilaria Agostini intervista gli autori Roberto Ciccarelli e Giuseppe Allegri



introduce Ornella De Zordo






sabato 19 novembre 2011, ore 16.00
Palazzo Vecchio, 3° piano, Sala delle Miniature






La «furia dei cervelli» si è manifestata nelle mobilitazioni dei lavoratori della conoscenza in difesa di scuola e università pubbliche, in quelle del lavoro autonomo e delle partite iva, dei lavoratori dello spettacolo al Teatro Valle di Roma o dei freelancers statunitensi dal 1995 organizzati in sindacato. Parte più attiva e indipendente della società, dagli autori del libro definita «Quinto Stato», è un’intelligenza diffusa che la politica di sinistra, priva degli strumenti culturali necessari per risvegliarsi dopo un’agonia ventennale, non riesce ad impiegare.
Il libro, che individua nel furore l’unica matrice del cambiamento, inizio dell’autotrasformazione e della liberazione dai peccati altrui, formula proposte condivise che rendano possibile 
istituire le tutele essenziali – a partire dal reddito di base – come
accesso a una piena cittadinanza sociale, e indaga modalità e pratiche per scongiurare l’incubo di un nuovo governo neo-centrista esecutore delle politiche di austerity pretese dall’Unione Europea.


Terre di scavo cantieri Tav, oplà, non sono più rifiuti

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo comunicato stampa di perUnaltracittà - Lista di cittadinanza, che riguarda una grave decisione presa dal Ministero dell'Ambiente proprio poche ore prima che il titolare fosse sostituito.

L'ex ministro Prestigiacomo, dopo un triennio in cui si è contraddistinta per assenza in qualsiasi materia di sua competenza (?), alluvioni, difesa del suolo, frane, è riuscita alla fine a dare un senso al suo mandato. Pessimo, il segno e il mandato.
Con un trucchetto ha cambiato i parametri per la definizione dei "rifiuti", così le terre di scavo del tunnel TAV di Firenze non sono più, come fino a due giorni fa, rifiuti speciali, e possono essere tranquillamente trasportati alla ex miniera di Cavriglia. E non perchè sono cambiate le caratteristiche di quelle terre contaminate con additivi necessari per l'azione della fresa, semplicemente perchè si chiamano in modo diverso.
Certo, Ministro, a pensarci prima!, poteva suggerirlo al tempo dell'emergenza rifiuti a Napoli: bastava cambiare il nome e l'emergenza era già finita, altro che i fantomatici tre giorni promessi dal suo Presidente!

mercoledì 16 novembre 2011

Occupy Firenze, il Comune minaccia lo sgombero coatto.



Il Comune di Firenze, per bocca dell'assessore alle politiche socio-sanitarie Stefania Saccardi, ha minacciato l'intervento coattivo qualora l'occupazione di Piazza S.S. Annunziata proseguisse. "Se l'accampata degli indignati in piazza SS Annunziata a Firenze dovesse continuare, il Comune farà sicuramente qualcosa: non possiamo consentire che una delle più belle piazze di Firenze sia espropriata dalle loro tende" sono state le parole usate dall'assessore. Ora, a qualunque fiorentino sia capitato di trovarsi in questi giorni nella piazza non ci risulta che sia stato impedito di transitare o sostare, per cui si evince che l'assessore non conosca il significato del termine espropriare. Le istituzioni cittadine sono state invitate a partecipare all'assemblea pubblica, ma finora hanno sempre risposto con uno sdegnato diniego, rifiutandosi per principio di ascoltare le ragioni di chi protesta civilmente come sta accadendo in ogni angolo del pianeta. Probabilmente la reazione muscolare della polizia newyorkese dei giorni scorsi ha eccitato gli animi a Palazzo Vecchio, e si sa che Matteo Renzi ci tiene alla sua immagine di Obama de' noantri. Tra l'altro la gestione degli spazi occupati dagli indignados non può certamente essere accusata di aver portato alcun "degrado", ma anzi forse potrebbe essere utilmente presa a modello dalla giunta Renzi. Ci viene il sospetto che il vero motivo per cui l'amministrazione rifuta ostinatamente ogni confronto sia proprio questo: ha paura di sfigurare.

Alternativa Toscana.

Questo che segue è il comunicato di risposta all'assessora da parte di Occupy Firenze:

L'Accampata va avanti e invita le istituzioni, a partire da Stefania Saccardi, ad un confronto

Apprendiamo con sorpresa che l'assessore Stefania Saccardi comunica l'intenzione del Comune di Firenze di sgomberare l'Accampata che perdura pacificamente in piazza S.S.Annunziata dall'11 novembre scorso.

Soltanto ieri avevamo inviato all'accampata i rappresentanti istituzionali di maggioranza e di opposizione, ad ogni livello, per toccare con mano questo laboratorio progettuale sociale e politico. Siamo dunque sereni nel confermare l'intenzione di portare avanti l'Accampata nei prossimi giorni e rilanciamo con forza l'invito all'assessore Saccardi, alla Giunta, al Sindaco di incontrarci in piazza.

Ci sentiamo distanti dalla terminologia adottata dall'assessore che descrive l'accampata come "un esproprio" della piazza stessa; l'obiettivo dell'Accampata è infatti di "restituire" la piazza più bella di prima attraverso un'azione di riqualificazione condivisa con i residenti ed esercenti, di offrire alla cittadinanza tutta uno spazio pubblico, libero e apartitico dove i fiorentini e non, possano incontrarsi per conversare di economia, beni comuni, servizio pubblico, nonviolenza e progettare via di uscita dalla crisi.

lunedì 14 novembre 2011

L'Era Monti e il pareggio di bilancio. Prima vittima la scuola?

Pubblichiamo un articolo scritto da Michele Maggino e Fabio Bentivoglio, due militanti di Alternativa Toscana, su quello che sembra delinearsi come lo scenario prossimo venturo per la scuola pubblica italiana, alla luce delle famose (o famigerate) raccomandazioni della BCE al governo italiano. Buona lettura.

Che cosa mai c'azzeccano le prove INVALSI con l'obiettivo di raggiungere il pareggio di bilancio dei conti italiani entro il 2013? Ce lo spiega Olli Rehn. Non sapete chi è? È un signore finlandese dall'aria ragionevole e bonaria che ispira fiducia e che ci indica la strada per un futuro migliore dal suo nordico osservatorio distaccato. Olli Rehn è il Commissario dell'Unione Europea agli Affari Economici e Monetari. Il 4 novembre 2011 ha inviato una lettera al nostro Ministro del Tesoro, chiedendo informazioni dettagliate sui provvedimenti annunciati dall’allora Presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi nella famosa lettera di promesse all'UE di fine ottobre.

Ebbene, questa lettera (quella di Olli Rehn) è per certi versi ancora più agghiacciante di quella famigerata di agosto di Draghi e Trichet.

Il nostro Olli ci fa capire in concreto che cosa vuol dire il commissariamento del nostro Governo da parte dell'UE e la riduzione di sovranità per il nostro Paese.

Olli dice che non è sufficiente quello che ha promesso il Governo italiano: servono misure aggiuntive per poter conseguire l'obiettivo di raggiungere il pareggio di bilancio. E allora ecco predisposto un prontuario sotto forma di domande, tanto per far vedere che non si tratta di ordini (che finirebbero tutti con dei bei punti esclamativi).

Il questionario è diviso in 11 capitoli per complessive 39 domande (qui si può scaricare il testo completo tradotto in italiano). Il questionario in generale vuole sapere con quali strumenti legislativi e con quali tempi parlamentari il Governo italiano ha intenzione di procedere alla realizzazione delle promesse fatte e addirittura pone pure una scadenza immediata per avere le risposte precise.

I vari capitoli affrontano argomenti di varia natura: si va dall'aggiustamento dei conti, alla riforma delle pensioni, alla riforma fiscale, al mercato del lavoro, all'uso dei fondi UE, alle liberalizzazioni, alle privatizzazioni dei beni pubblici. Il commissario dell'UE chiede tra l'altro esplicitamente «quali provvedimenti di riforma si pensa di varare nel settore delle acque, malgrado i risultati del recente referendum?».

Tra gli altri quesiti posti al governo italiano, quattro riguardano direttamente scuola e università, anzi, per dirla con il linguaggio usato nella lettera da questi tecnocrati, riguardano il “capitale umano” . Ecco il testo letterale:

13. Quali caratteristiche avrà il programma di ristrutturazione delle singole scuole che hanno ottenuto risultati insoddisfacenti ai test INVALSI?

14. Come intende il governo valorizzare il ruolo degli insegnanti nelle singole scuole? Quale tipo di incentivo il governo intende varare?

15. Il governo potrebbe fornirci ulteriori dettagli su come intende migliorare ed espandere l’autonomia e la competitività tra le università? In pratica, che cosa implica la frase “maggior spazio di manovra nello stabilire le tasse di iscrizione”?

16. Per quanto riguarda la riforma dell’università, quali misure e quali provvedimenti devono essere ancora adottati?

Prima di proseguire è bene chiarire, per chi non fosse dentro le faccende strettamente scolastiche, che cosa sono le prove INVALSI.

L'INVALSI (Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e Formazione) predispone annualmente delle prove scritte che hanno lo scopo di valutare i livelli di apprendimento degli studenti italiani; dal 2009 la prova (di italiano e matematica) concorre nella valutazione finale dell'esame del primo ciclo di istruzione (per maggiori dettagli si può visitare il sito dell'INVALSI).

Sembrerebbe dunque qualcosa di molto specifico attinente la realtà scolastica italiana. Per anni gli insegnanti sono stati “martellati” con l'argomentazione che le prove INVALSI avrebbero avuto lo scopo di fornire un quadro unitario e una valutazione di sistema.

Nello stesso tempo, però, l'INVALSI ammette che «l'approccio scelto è stato quello di integrare la Valutazione di sistema e delle scuole in un quadro di riferimento o framework unitario, al fine di tenere insieme una prospettiva macro, utile a chi sia interessato ad una comprensione generale del funzionamento della scuola, e una prospettiva micro, centrata sulla singola unità scolastica». Ed è proprio su quest'ultimo aspetto (la singola unità scolastica, “individual schools” come recita il testo in inglese), che può apparire una sfumatura, che si centra il punto della lettera del nostro amico Olli. È evidente che non si ragiona più in termini di sistema scolastico ma in termini di singola unità scolastica che deve essere valutata sulla base di criteri omogenei funzionali ad una logica competitiva e di mercato. Si tratta cioè di un'impostazione che sovverte il dettato costituzionale. Diversamente non ci spiegheremmo la relazione tra la rassicurazione dei mercati sulla futura solidità dell'Italia con una verifica di quanto gli studenti italiani possano conoscere di Dante, Petrarca e Pitagora.

Come sarebbe? Insomma: che c'entra allora la scuola con il pareggio di bilancio? Il signor Olli è Commissario agli Affari Economici e Monetari: con quale autorità interviene per chiedere chiarimenti su un'istituzione deputata a formare l'uomo e il cittadino e che non riguarda le dinamiche monetarie e di mercato? È forse andato un po' fuori del seminato?

Purtroppo no! Siamo di fronte ad un documento che, se non altro, ha il merito di chiarire dove stiamo andando, a chi non lo avesse ancora compreso.

Questa lettera, insomma, ha un grande merito: svela la verità. La verità è che i test INVALSI fanno parte di un sistema complessivo concepito negli ultimi anni (a partire dalla riforma Berlinguer e dall'introduzione dell'autonomia per gli istituti scolastici e per le università), predisposto da organismi economici con l'obiettivo di implementare criteri di definizione e valutazione di un'istruzione appiattita e finalizzata alle esigenze del mercato e della competitività.

Tutti gli interventi dei grandi organismi internazionali (dal FMI, al WTO, alla Banca Mondiale) negli ultimi decenni, hanno mirato a creare un mercato mondiale omogeneo funzionale agli interessi della circolazione delle merci e dei capitali cancellando ogni differenza: le differenze in qualsiasi ambito della vita produttiva e culturale di una società sono viste come impedimenti e rallentamenti alla libera circolazione delle merci e al loro consumo.

Tutti dobbiamo avere le medesime competenze funzionali a questa ideologia.

Traduciamo in chiaro: dopo la perdita della sovranità politica (v. programma di governo scritto dalla BCE), dopo la perdita della sovranità nazionale (v. “guerra” di Libia), dopo la perdita della sovranità monetaria, ora si esige anche la perdita definitiva della sovranità culturale.

Si prendano dunque provvedimenti per quelle singole scuole che hanno ottenuto risultati insoddisfacenti alle prove INVALSI. I lumi della concorrenza e della competitività globale non possono permettere che le singole scuole rimangano indietro rispetto al passo dei tempi del neo-neo-liberismo. E dunque, come penserà il Governo italiano di intervenire sulle singole scuole e di alimentare “merito” e concorrenza? Quali provvedimenti saranno presi per incrementare la competitività tra le università?

Non si tratta quindi di pareggio di bilancio ma di colpire al cuore l'essenza della cultura che consiste nel coltivare diversità di linguaggi, di visioni del mondo e nel promuovere il ventaglio delle tante possibilità esistenziali percorribili nel corso della nostra vita.

Ci troviamo, oggi, novembre 2011, anni luce distanti dalla scuola così come pensata e delineata dalla nostra Costituzione più di 60 anni fa: come è possibile che sia accaduto tutto ciò? Come è possibile che una parte degli insegnanti (si spera minoritaria) partecipi attivamente a questo processo di svuotamento culturale e professionale senza rendersi conto che per questa via il docente è ridotto a semplice intermediario privo di ruolo e identità?

L'originale è apparso pochi giorni fa su Megachip.