giovedì 30 agosto 2012
In viaggio con Goofy - parte III
Dopo le prime due parti dell'intervista ad Alberto Bagnai che vi avevamo proposto è ora disponibile anche la terza parte, nella quale viene spiegato il meccanismo che porta alla crisi del paesi perifirici in seguito all'adozione di un tasso di cambio fisso (o di una moneta comune) troppo forte.
Etichette:
Alberto Bagnai,
bilancia dei pagamenti,
economia,
euro,
Germania,
inflazione,
Sme,
tasso di cambio
martedì 28 agosto 2012
Scavi Tav a Firenze, l'UE mette sotto esame l'Italia.
A seguito della denuncia
di Idra,
la Commissione Europea ha intravisto l'opportunità
di aprire una procedura di informazione (passo
necessario per l'avvio di una procedura di
infrazione).
I servizi della Commissione provvederanno a
esaminare la Vostra denuncia secondo il pertinente
diritto dellUnione europea e Vi informeranno degli
esiti dellesame e delleventuale andamento della
procedura dinfrazione. Così
risponde il Commissario europeo allAmbiente, lo
sloveno Janez Potočnik, al
pressante reclamo inoltrato a luglio dall'Associazione
toscana Idra
a proposito dei rischi che corrono il Bel Paese e la
città di Firenze per effetto delle nuova
regolamentazione del governo italiano sulle terre da
scavo.
I milioni di metri cubi di terra da estrarre
dalle viscere della città eretta dall'UNESCO a patrimonio
mondiale dell'Umanità rappresentano uno dei
nodi critici della cantierizzazione TAV a Firenze: negli
stretti confini comunali sono previsti, a poca
distanza dalla cupola del Brunelleschi e direttamente
sotto monumenti storici come la Fortezza medicea di
San Giovanni Battista e lArco dei Lorena, sono
previsti 15 km di scavi, per due tunnel orientati
ortogonalmente alle linee di scorrimento della falda
acquifera, con una faraonica stazione sotterranea
progettata accanto al subalveo di un affluente
dellArno, il Mugnone, storicamente delicatissimo,
esondato lultima volta nel 1992 proprio in
questarea, dove anche un altro torrente, il Terzolle,
è uscito dagli argini nel 92.
In una lettera inviata il
23 giugno '99 allallora sindaco di Firenze Leonardo
Domenici, il presidente dell'associazione di
volontariato Idra Girolamo
Dell'Olio faceva presente a Domenici che "là dove il
tracciato del doppio tunnel sotterraneo descrive una
curva a 90 gradi sotto le residenze di centinaia di
cittadini, e poi una seconda curva a 90 gradi sotto
la Fortezza medicea di San Giovanni Battista, la
storia ci insegna che giaceva fino al '500 l'alveo
del Mugnone, se è vero che anche il Calandrino
del Boccaccio, attirato nella trappola
dell'elitropia da Bruno e Buffalmacco, "in sul
far del dì si levò, e chiamati i compagni, per la
porta a San Gallo usciti e nel Mugnon discesi,
cominciarono ad andare in giù, della pietra cercando".
Ma non è solo l'area di piazza della Libertà a
essere interessata da una consistente falda
acquifera. Non occorre risalire al Trecento per
trovare testimonianze di abbondanti acque
sotterranee anche nella zona di Piazza delle Cure e
di Viale don Minzoni".
E prassi consolidata della Commissione
contattare le autorità degli Stati membri
interessati per chiedere informazioni o cercare
soluzioni, scrive a Idra Ion
Codescu, capo unità dellufficio che si occupa di
applicazione, coordinamento per le infrazioni e
aspetti giuridici della Direzione Generale Ambiente.
La pratica di Idra,
scrive Codescu, potrebbe essere registrata e trattata
nellambito di un progetto pilota, EU Pilot, che la
Commissione ha recentemente attivato dopo aver concordato con
vari Stati membri di collaborare per rendere più
rapido ed efficace questo processo di scambio di
informazioni e di soluzione dei problemi.
Idra ha
risposto con gratitudine allavvenuto accoglimento,
a Bruxelles, dellSOS da Firenze,
condividendo che si conferisca la massima rapidità
allistruzione della pratica vista lurgenza
della materia, per i destini della nostra cara e
insostituibile Firenze (della quale cè un
solo esemplare, sembra, su questo pianeta
Terra
). E aggiunge: Desideriamo qui
ricordare, al riguardo, che i Governi italiani hanno
potuto impunemente dare esecuzione per ben sei anni,
ad esempio nel caso della Legge 21 dicembre 2001, n.
443 (nota come legge obiettivo), a norme in
materia di rifiuti che una sentenza emessa dalla
Corte di Giustizia europea ha condannato nel
dicembre 2007 come incompatibili con le direttive
europee. Temiamo
perciò che
la città patrimonio dellUmanità chiamata Firenze
risulti irreversibilmente impattata e violata
(come è successo per gli acquiferi dellAppennino
tosco-emiliano in Siti di Importanza Comunitaria,
con effetti anche qui permanenti, sempre in
conseguenza della cantierizzazioni TAV), se una
condanna europea dovesse intervenire, anche in
questo caso, a distanza di così tanto tempo
dallavvio delle cantierizzazioni per gli scavi
TAV nel capoluogo toscano, che la stampa
locale annuncia come imminenti.
venerdì 17 agosto 2012
Battaglia di Anghiari, l'opinione di Tomaso Montanari.
Tratto da il sito de Il Fatto Quotidiano riprendiamo qui l'opinione espressa da Tomaso Montanari sull'annosa questione della Battaglia di Anghiari.
“Caro ministro, la città di Firenze non accetterà mai…”. “Non le
abbiamo chiesto la luna”, la sua è una “posizione pilatesca”. E ancora
“se Ella e i suoi collaboratori preferiscono prendere tempo, non
esprimendosi, non sarà la mia amministrazione a giocare al rinvio”,
perché “noi siamo seri”. E poi la bordata finale: “se il ministro oggi
ha paura ad autorizzare ciò che viene autorizzato costantemente in tutti
i restauri del mondo, aspetteremo che cambi Governo”.
Ma che mai avrà fatto il ministro Lorenzo Ornaghi
alla città di Firenze? Ha spostato gli Uffizi nella sua Milano? Ha
inviato in dono il David di Michelangelo alla Merkel, in segno di
sottomissione? E cosa può aver spinto Matteo Renzi a
trattare Ornaghi come nessun esponente del Pd ha trattato nessun
ministro di Monti, usando un vocabolario e un’aggressività che manco
Fassina con la Fornero?
Ornaghi, in verità non ha fatto nulla (il
che, bisogna riconoscere, gli riesce perfettamente). È stata invece la
soprintendente di Firenze, Cristina Acidini, a rispondere al sindaco che
proprio non era possibile violare le leggi di tutela e l’etica del
restauro per permettere a Renzi e alla squadra guidata dall’ingegner
Maurizio Seracini di smontare gli affreschi di Giorgio Vasari
nel salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio per cercare il fantasma
della Battaglia di Anghiari di Leonardo, che ossessiona il sindaco
almeno quanto il sesso ossessiona Berlusconi. Ma il rottamatore ed
aspirante premier non distingue tra decisioni tecnico-scientifiche dei
funzionari del Mibac e competenze del ministro: per lui tutto è nella
disponibilità della politica. Cioè nella sua.
Quindi prende carta e
penna, e giù insulti a Ornaghi in nome e per conto della “città” (con
cui si identifica, come il Re Sole con lo Stato). E la lettera è un
testo chiave per chi vuol capire Matteo Renzi, il più incredibile
portatore sano di cultura della politica italiana: nel senso che ne
parla in continuazione senza esserne minimamente affetto. Vediamone i
punti salienti.
“Le ricerche dell’ingegner Seracini, supportate
dalla città di Firenze … hanno prodotto risultati inoppugnabili … sotto
il Vasari c’è un’opera pittorica”. Falso. Seracini ha prelevato dietro
il Vasari dei campioni che ha fatto analizzare in due laboratori di sua
fiducia, e poi ha comunicato (in conferenza stampa, non in sede
scientifica, si badi) che era stato rinvenuto del colore, e un colore
che avrebbe usato solo Leonardo. Nessun altro laboratorio terzo ha
potuto fare delle controanalisi, e dunque bisogna fidarsi della parola
di un team sponsorizzato da un canale di docu-fiction (National Geographic)
che ci ha costruito sopra un lucrosissimo (e terrificante) documentario
ben prima che qualcuno abbia potuto verificare i risultati della
‘ricerca’. E dopo aver annunciato, in consiglio comunale, che i campioni
sarebbero infine stati analizzati dall’Opificio delle Pietre Dure del
Mibac, Renzi ha dovuto fare marcia indietro con la coda tra le gambe,
confessando che – guarda caso – il materiale era stato esaurito nelle
analisi di Seracini, e che ormai nessuna verifica era possibile. Dunque:
bisogna credere, alla faccia di Galileo. E ora che la soprintendenza di
Firenze gli concederebbe di reinserire le sonde nei fori già praticati
sul Vasari, e dunque di poter dare finalmente un corpo scientifico a
questa carnevalata, ebbene Renzi che fa? Rovescia il tavolo, e insulta
Ornaghi dicendo che o si stacca Vasari o niente. Un modo scomposto di
uscire dall’angolo e di gettare sabbia mediatica negli
occhi degli osservatori internazionali, che a questo punto cominciano a
perdersi nei meandri di una vicenda sempre più italicamente surreale.
“Per
correttezza ho il dovere di dirLe – è ancora Renzi a Ornaghi – che la
Città pubblicherà la ricerca di Seracini”. E questa è davvero
meravigliosa: una città che pubblica una ricerca scientifica. Nemmeno
nella Russia sovietica il controllo dell’autorità politica sulla ricerca
e sulla conoscenza era così diretta. Renzi non promuove, non sostiene,
non auspica: no, lui pubblica, come se fosse il Cnr o un intero
dipartimento universitario. Il municipio di Parigi concede borse di
studio che consentono a giovani italiani che studiano, non so, il greco
di condurre liberamente la loro ricerca: il comune, anzi la città, di
Firenze pubblica direttamente le sue ricerche.
“Nel corso di
questi mesi la mia amministrazione ha fatto della cultura la chiave di
volta del proprio mandato … la ricerca della Battaglia di Anghiari per
noi sta in questa logica di investimento sulla cultura come sfida
identitaria per la città.” E l’eterno candidato alle primarie del Pd
non è nemmeno sfiorato dall’idea che la cultura sia rigore, dubbio,
apertura ai controlli terzi, verifica continua. No, per lui è una sfida
all’ultimo sangue con i “professoroni”. Fino alla comica finale, o
semifinale, di Ferragosto.
Se il prossimo governo dovesse essere
guidato da Renzi, il Paese può dormire tranquillo: Giorgio Vasari,
questo pericoloso nemico della cultura italiana, avrà i minuti contati.
Tomaso Montanari, Il Fatto Quotidiano.
giovedì 9 agosto 2012
giovedì 2 agosto 2012
In morte di Gore Vidal
Come molti di voi sapranno ieri lo scrittore statunitense Gore Vidal è venuto a mancare. Pubblichiamo l'omaggio che gli ha reso Giulietto Chiesa sul blog de Il Fatto Quotidiano, seguito da un'intervista che lo stesso chiesa gli fece diversi anni fa.
Non mi piacciono i necrologi. In genere costringono chi li scrive a
parlare bene del morto, cioè non sono sinceri, quali che fossero le sue
qualità. Meno che mai mi piace scriverne quando chi se n’è andato era un
mio amico, e caro.
Ne parlo, in morte, per ricordare le cose più importanti che ha scritto. Per me Gore Vidal è stato l’equivalente, nel secolo XX, di quello che fu Alexis de Tocqueville nel XIX. Se quest’ultimo descrisse la nascente democrazia americana, Gore Vidal è stato il più lucido,
acuto, implacabile analista della sua fine. Per meglio dire, della sua trasformazione in “impero”.
acuto, implacabile analista della sua fine. Per meglio dire, della sua trasformazione in “impero”.
Alcuni libri suggerisco, a chi voglia misurare la sua grandezza come scrittore: “Impero”, per l’appunto, e “Giuliano”, e “L’età dell’oro”.
I suoi saggi sulle trasformazioni che la televisione, e il sistema dei
media, hanno prodotto sulla democrazia, frantumandola e trasformandola
in cerimoniale al servizio delle élites dominanti, sono quanto di più
brillante e corrosivo si possa immaginare. Per quanto mi riguarda è
stato un grande maestro, alla cui lezione ho attinto e continuo ad
attingere. Penso che quanti più giovani lo leggeranno, tanto più grande
sarà il drappello di menti critiche capaci di difendersi
dall’aggressione che il mainstream scatena nei nostri confronti. Non
solo quello americano, anche il nostro, ma quello americano è il padre
del nostro. “I mass media – scrisse – disprezzano a tal punto la gente da ritenerla più stupida di quanto siano i mass media”.
Quando,
come spesso mi accade, mi sento apostrofare come anti-americano, io
penso sempre che Gore Vidal era il più americano degli americani che ho
conosciuto. Amava il suo paese, la grandezza dei suoi padri. Lui stesso
era uno dei rami dell’unica élite che ha dominato l’America, da Abramo Lincoln
in poi. Ramo senza discendenza, senza foglie, ma ramo dritto, che non
si è piegato all’alterigia della casta di cui faceva parte.
Voglio
ricordare che fu uno dei pochissimi grandi intellettuali americani che
considerò una menzogna la versione ufficiale della tragedia dell’11 Settembre 2001. E lo disse pubblicamente. Non lo ringrazierò mai abbastanza per avere accettato di essere uno dei testimoni del film “Zero”, al quale ho dedicato tanto lavoro in questi anni.
In
America lo ha sempre letto quel milione circa di americani intelligenti
che voleva sapere qualche cosa. Il sistema non poteva omologarlo e lo
confinò nel limbo più piccolo che potè. Ma quando una personalità è
grande non la si può ridurre, comunque, in un angolo. L’America non ama
da tempo di sentirsi dire la verità. E colui che, tra i primi, ne
scrisse l’epitaffio, non poteva essere profeta in patria. E’ con questo epitaffio che saluto il mio amico Gore Vidal:
“… quella audace e vanagloriosa invenzione dell’Illuminismo che erano
gli Stati Uniti, una regione selvatica destinata a sognare per sempre di
essere un’Atene risorta, quando invece si tratta di una Roma ricreata
con ostinazione e grossolanità”
Etichette:
11 settembre,
democrazia,
Giulietto Chiesa,
Gore Vidal,
Il Fatto Quotidiano,
impero americano,
mass media
Iscriviti a:
Post (Atom)